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Nicola ALLEGRI
BUON COMPLEANNO, GIULIETTA
E’
stata uno dei più straordinari fenomeni artistici. Con la sua voce
inconfondibile, la sua incredibile capacità interpretativa,
Giulietta Simionato ha collezionato trionfi storici nei teatri
lirici di tutto il mondo. Una leggenda sul palcoscenico, e ora è un
caso “medico”: a 95 anni di età, è nata il 12 maggio 1910, è
ancora in piena attività. <<Non ho festeggiato il compleanno
a casa>>, dice <<perchè il 12 maggio ero in Spagna, a
lavorare. Ero nella giuria del Premio “Montserrat Caballé”. Ma
per tutta la settimana che ha preceduto quel giorno ho ricevuto
molte telefonate. Mi fa piacere che la gente si ricordi di me>>.
Una
vitalità incredibile. Insegna, viaggia, canta. Non sente affatto il
peso degli anni, non ha segni che evidenzino la sua età anagrafica.
Il volto, il sorriso, lo sguardo, la voce, il tratto, il passo
sono quelli di una sessantenne in ottima salute. La memoria, la duttilità
del pensiero, l’arguzia e la vivacità delle battute fanno invia a
una donna ancor più giovane.
Qual è il suo segreto per arrivare a 95 anni in una forma così
smagliante?
<<Non
lo so, non ho mai fatto niente per mantenermi in forma. Sono vissuta
seguendo il mio istinto e ringraziando Dio di tutto quello che mi
veniva dato, perchè la vita, comunque sia, è meravigliosa. Credo
proprio di avere avuto un grandissimo aiuto dalla fede in Dio. Una
fede semplice, appresa in famiglia, che insegna a vivere ogni evento
dell’esistenza in modo umile e sereno>>.
Ha praticato delle diete speciali?
<<Secondo
l’insegnamento dei miei nonni, ho sempre dormito poco, ho sempre
mangiato poco e male, ed ho sempre lavorato molto>>.
Che cosa intende per “mangiare poco e male”?
<<Non
ho mai avuto interesse per il cibo. Sono cresciuta a base di riso,
con un cucchiaio di olio crudo, insalata e caffelatte. Quasi mai
carne e niente sughi elaborati. So che molti giovani, oggi,
non fanno uso di sale perché dicono che fa male. A me il
sale non piaceva e non l’ho mai usato>>.
Ginnastica?
<<Quella
sì. Ne ho sempre fatta. Il mio lavoro richiedeva agilità. In
palcoscenico dovevo cantare stando in tutte le posizioni. Quando
interpretavo “Carmen”, tutti si meravigliano perché eseguivo le
mie arie seduta, sdraiata, accucciata. Non ho mai avuto difficoltà
a cantare in qualunque posizione proprio perchè facevo molta
ginnastica>>.
Quante opere ha interpretato?
<<Avevo
in repertorio 117 opere. Una memoria di ferro mi aiutava ad
apprendere con grande facilità e la voce, molto estesa, mi
permetteva di spaziare anche nel repertorio dei soprani>>.
Chi fu il suo primo maestro?
<<Una
suora. Sono nata con la musica nel sangue. Durante le scuole
elementari, a Rovigo, contavo sempre, ma in modo strano. Avevo
trascorso l’infanzia in Sardegna e avevo imparato a cantare come i
contadini sardi, cioè con la bocca chiusa. Gli altri bambini mi
prendevano in giro, ma suor Giulia si accorse invece che ero
intonatissima e avevo una bella voce. Fu lei a darmi i primi
rudimenti del canto>>.
Quando
fece il suo debutto in palcoscenico?
<<Nel
1927, nell’opera “Nina non fare la stupida”del maestro
Giacchetti, al Teatro Sociale di Rovigo. Avevo 17 anni e feci la
parte di un tenore. Il primo grande successo, invece, lo ebbi a 23
anni, nel 1933, vincendo il concorso
di “Belcanto” a Firenze. Eravamo 385 concorrenti. In
giuria c’era anche la
leggendaria Rosina Storchio. Al termine, la Storchio venne ad
abbracciarmi e mi disse: “Canta sempre così, cara, non cambiare
mai”>>.
Ha
iniziato subito la carriera o ha dovuto fare anche lei la gavetta?
<<Tutti
i giovani cantanti lirici fanno gavetta ed è giusto perché serve
per imparare bene il mestiere. In genere si fanno due, tre anni di
gavetta. Io ne feci 12. Nel 1935 venni assunta alla Scala. Ma
c’era il Fascismo e per cantare bisognava essere raccomandati dal
Partito. Io non lo ero. Per questo mi affidavano solo parti in cui
dovevo cantare una o due frasi. E quel duro tirocinio durò al
1947>>.
Anni
di grandi sacrifici, quindi.
<<Anni
d’inferno. Fame, umiliazioni, demoralizzazioni, sconforto. Quante
lacrime. Ero istupidita. Una
sera avevo una battuta nel primo atto di un’opera. La cantai e poi
tornai a casa, e mi misi a letto. Ascoltavo l’opera per radio. Ad
un certo momento sentii l’orchestra attaccare un motivo e mi
ricordai che dovevo, in quel punto,
cantare una seconda battuta. Me ne ero dimenticata. Piansi
tutta notte e rischiai il licenziamento>>.
Ma
poi arrivarono finalmente i trionfi.
<<Dal
1947 al 1966, quando mi ritirai dalle scene, lavorai come una negra.
Ottanta recite l’anno. Mai un momento di relax. Tutti i teatri mi
volevano>>.
Immense
soddisfazioni, perciò.
<<Sì,
grandi soddisfazioni artistiche>>.
Tra tutti i collegi famosi
che ha conosciuto, chi ricorda con più affetto?
<<La
Callas. Eravamo come due sorelle. Inseparabili>>.
Tra
i direttori d’orchestra
?
<<Toscanini.
Nel 1948 si celebrava il trentennale della morte di Arrigo Boito e
Toscanini mo chiamò per affidarmi la parte di Rubria, nel
“Nerone” di Boito che avrebbe diretto alla Scala. Avevo paura di
Toscanini. Era terribile. Andai a casa sua per un provino. Mi
ballava la voce. “Ho capito”, disse Toscanini “le hanno detto
che ho mangiato qualcuno”. Cercò di mettermi a mio agio e poi
cantati. Ad un certo momento si girò verso la finestra e si
soffiava il naso. Era commosso. Disse: “Brava. Così Arrigo
avrebbe voluto che fosse cantata quest’aria”. Antonino Votto,
che era presente, mi disse poi: “Credo che nessuno sia riuscito a
commuovere Toscanini fino alle lacrime come hai fatto tu”>>.
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