Una
eccezionale opera
suggerita da Padre Pio
“CASA
BETANIA”
UN ANGOLO DI
PARADISO
Testo e foto di Nicola Allegri
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“Fraternità Francescana di Betania”.
Il nome è scritto all’ingresso di un antico convento del 1600, nella
piana di Terlizzi, a trenta chilometri da Bari. La struttura è molto
ampia, silenziosa, di quelle che mettono quasi soggezione. Il grande
atrio di accoglienza è spoglio e in fondo una piccola porta immette
all’interno della comunità. Ti avvicini, entri con una certa
soggezione, ma appena varcata la soglia, ti trovi a contatto con
religiosi che sprizzano serenità, allegria, simpatia, e hai
l’impressione di essere piovuto in un mondo inaspettato e nuovo,
quasi irreale.
<<Pace e bene fratello!>>. Un ragazzo alto e prestante mi accoglie
sorridendo. Indossa un saio azzurro chiaro. <<Mi chiamo Fra
Roberto>>, dice. <<Vieni, ti mostro la nostra grande famiglia>>.
Attraversiamo una parte del convento. Incontriamo religiosi intenti
ai loro compiti, che salutano e ci sorridono. Ci fermiamo a
chiacchierare. Ovunque c’è un’atmosfera di estrema serenità. I
religiosi che vediamo sono quasi tutti giovani ed hanno addosso
un'energia che disarma. Li vediamo che studiano, che lavorano, che
fanno le pulizie, che cucinano, che pregano. Hai l’impressione che
in tutti ci sia una determinazione gioiosa, che li porta ad
affrontare ogni cosa sorridendo, con gli occhi tesi all’orizzonte,
con lo sguardo di chi ha fatto una scelta definitiva. Sembra che
abbiano visto qualcosa che noi non siamo ancora riusciti a vedere.
Viene da chiedersi come mai ragazzi così giovani abbiano scelto di
entrare in una comunità religiosa. La risposta la danno loro, come
fosse la cosa più naturale: <<Ho incontrato l’amore di Dio>>.
Ma la cosa straordinaria di questa incredibile e sorprendente
comunità religiosa, sta nel fatto che è costituita da religiosi e
religiose, frati e suore che vivono insieme. E’ una comunità mista.
La prima comunità mista moderna riconosciuta dalla Chiesa. Un modo
di affrontare la vita religiosa, nuovo, rivoluzionario, forse
sconcertante per la mentalità tradizionalista.
Mano a mano che passano le ore veniamo sempre più coinvolti. Questi
giovani religiosi ti stanno intorno, ti sorridono, ti parlano, ti
fanno sentire a tuo agio, amato, coccolato, servito, come se tu
fossi un loro fratello che arriva da lontano.
Non hai l’impressione di essere in un convento. I religiosi che hai
intorno non sono frati silenziosi, misteriosi, da ammirare da
lontano. E neppure hai l’impressione di essere in un monastero che
racchiude suore aeree, inaccessibili, di cui si sente in lontananza
la soave preghiera. Mi trovo dentro una casa, nel cuore di una
famiglia. E’ come se all’improvviso avessi incontrato tanti fratelli
e sorelle, e sento il loro amore, la loro comprensione. Mi sento
parte di loro. Direi che è meraviglioso.
Ci diamo del tu. Sono persone come me. Parlando e fraternizzando,
vengo a conoscere le loro storie. Molti di loro sono entrati da
pochi mesi nella comunità e ricordano con gioia il giorno in cui
hanno scelto di cambiare vita. Altri invece hanno preso i voti da
qualche anno lasciandosi alle spalle vite incredibili.
Fra Nicola, per esempio. Alto, capelli biondi, occhi azzurri, ex
pilota di aerei ed elicotteri, era un provetto surfista che ha
cavalcato le onde in molti mari. Racconta di sé quasi con timidezza.
Sta studiando teologia. E’ sereno ed entusiasta della vita che ha
scelto. Con lui c’è Suor Elena. E’ una ragazza magra con gli occhi
vispi e un sorriso coinvolgente. Quando si muove è molto agile, come
fosse un atleta. Infatti, scopro che è stata più volte campionessa
mondiale di karatè. Sor Ilaria, invece, ha preso i voti a 17 anni.
Dietro
di me un frate sta fotografando. Mi accorgo che ha uno stile
professionale. Si chiama Fra Marcello e aveva un’agenzia di grafica
pubblicitaria a Milano. E poi c’è suor Barbara, architetto, Suor
Monica, insegnante di musica, Suor Tiziana, infermiera. Fra
Marcello, il fotografo, era venuto ad accompagnare un amico. E poi,
a Terlizzi, la sua vita è cambiata. Ogni persona che incontro ha una
bella storia da raccontare. Ci sono cantanti, musicisti, cuochi,
operai, laureati, menti brillanti, persone vere.
E innegabile. Vedere dei ragazzi e delle ragazze così giovani, pieni
di vita, di energia, di entusiasmo che vivono insieme, fa sorgere
una domanda ovvia: ma non si innamoreranno? E la loro risposta è
sempre fatta della stessa semplicità e della stessa forza del loro
modo di vivere: <<Noi abbiamo sposato l’amore di Dio. Amiamo Dio.
Tra noi viviamo come fratelli e sorelle, come una famiglia, una
grande e splendida famiglia>>.
La giornata di questi ragazzi è intensa. Si alzano alla mattina
presto per pregare. Recita comunitaria delle ore canoniche, Santa
Messa, meditazione. Poi fanno colazione, e iniziano a lavorare.
Pensano alle pulizie, ai lavori di sistemazione, al giardino,
all’organizzazione degli eventi, alla sistemazione degli ospiti.
Molti di loro studiano, e quindi, durante il giorno, escono dal
convento per andare all’università. Dopo pranzo c’è un breve momento
di pausa e di preghiera personale. Poi le attività ricominciano tra
lavoro e preghiera. Alle undici di sera c’è l’ultimo momento di
preghiera comune prima di andare a dormire. Ma alle tre di notte,
ancora in piedi, per il “Mattutino” un’ora di preghiera in chiesa
tutti insieme.
La “Fraternità Francescana di Betania” è sorta circa 25 anni fa. E’
un istituto religioso regolarmente riconosciuto dalla Chiesa, con
200 tra religiosi e religiose che vivono in otto sedi. Il fondatore
si chiama Padre Pancrazio. E’ un frate cappuccino, pugliese, ed è
stato allievo di padre Pio. <<Questo Istituto Religioso è opera sua,
di Padre Pio>>, dice. <<E’ stato lui a suggerirlo ed è lui che lo
sostiene>>.
Padre Pancrazio, che ha 79 anni, vive qui, in questa comunità di
Terlizzi. E’ una persona semplice, umile ma carismatica.
Avvicinandolo, senti di avvicinare Dio. La sua storia è
straordinaria.
<<Fino all’età di quasi 50 anni, io sono stato un fratello laico>>,
racconta. <<Non ero portato per gli studi. Avevo provato a studiare,
ma non ce la facevo. E allora scelsi di essere frate Cappuccino non
sacerdote, cioè fratello laico>>.
I Superiori lo avevano mandato a svolgere le sue mansioni nel
Santuario di Loreto, in provincia di Ancona. E fu lì che iniziò a
manifestarsi il suo carisma. Benché non fosse sacerdote, intorno a
lui c’era un grande fermento di persone che gli chiedevano consigli
spirituali. Aveva fondato un gruppo di preghiera nel nome di padre
Pio, ed era un gruppo sempre in aumento. La gente accorreva per
stare accanto a Fra Pancrazio.
<<Ero preoccupato>>, racconta ora. << Temevo di non essere in grado
di gestire quella gente. Andai da padre Pio. Ero suo figlio
spirituale. Sapevo che lui vedeva il futuro. Gli chiesi un consiglio
per il mio avvenire. Mi disse: “Gesù vuole che tu diventi sacerdote.
Dipende da te. Comunque, fai la volontà del Signore”. Erano parole
molto strane, sibilline, che mi lasciarono perplesso. Non mi
aspettavo un consiglio del genere. Aveva già 42 anni, ritenevo
impossibile riprendere a studiare per diventare sacerdote.
<<Continuavo
a pensare alle frasi di padre Pio. Mi confidai con i superiori.
Anche loro di fronte al consiglio di Padre Pio restarono perplessi.
“Devi essere tu a prendere una decisione”, mi dicevano.
<<Tornai varie volte da Padre Pio. Vi andai qualche settimana prima
che morisse. Non stava bene e quasi non volevo disturbarlo. Ma poi
mi feci coraggio e lo avvicinai. Mi confessò. Fu dolcissimo e al
termine volle darmi un foglietto sul quale aveva scritto di suo
pugno un consiglio per me. Una frase che si ispirava a Betania, la
casa di Lazzaro e delle sue sorelle Marta e Maria. Il Vangelo
racconta che Gesù andava a Betania per riposarsi e per pregare.
Stava con questi suoi amici. Marta era sempre indaffarata per dare a
Gesù e ai suoi apostoli un’ospitalità degna. E si lamentava perché
sua sorella Maria, invece, stava sempre ai piedi di Gesù ad
ascoltare le sue parole. Padre Pio scrisse: “Non sii talmente dedito
all’attività di Marta da dimenticare il silenzio di Maria. La
Vergine Madre che sì bene concilia l’uno e l’altro ufficio ti sia di
dolce modello e ispirazione”. Padre Pio mi suggeriva di seguire
l’esempio della Madonna che racchiudeva in se sia l’attività di
Marta come il silenzio di Maria. Mi indicava insomma di vivere da
religioso conciliando la vita attività con la vita contemplativa,
l’azione con la preghiera.
<<Ho tenuto quel biglietto e quando poi capii che il Signore mi
chiamava a fondare questo istituto Religioso, mi resi conto che
Padre Pio aveva già suggerito le linee fondamentali della
spiritualità che esso doveva avere>>.
<<Quando lo fondò?>>
<<All’inizio degli Anni Ottanta. Dopo la morte di Padre Pio, io ero
ancora turbato dal suo consiglio: “Gesù vuole che tu diventi
sacerdote”. Andai a trovare un’altra grande mistica, Suor Speranza
che conoscevo da tempo. Le chiesi che cosa pensasse del consiglio di
padre Pio. Mi rispose: “Anche a me Gesù mi ha detto che desidera che
tu diventi sacerdote”. A questo punto ripresi i libri in mano.
Frequentai quattro anni di teologia. Come ho detto, faticavo
moltissimo, ma ogni volta che dovevo dare un esame, mi pareva di
avere qualcuno accanto che mi aiutava. Conclusi il corso teologico e
venni ordinato sacerdote.
<<Continuai nella mia attività con il Gruppo di preghiera a Loreto e
ad un certo momento sentii che il Signore mi chiamava per dar vita a
una forma di vita religiosa nuova, sul tipo delle prime comunità
cristiane, sul tipo della Casa di Betania, dove Gesù andava a
riposarsi.
<<L’idea era quella di un Istituto religioso che avesse l’aspetto di
una famiglia. Religiosi e religiose che vivono nella stessa
struttura, come in una grande famiglia. Come era la casa di Betania.
Come erano le prime comunità cristiane. Negli Atti degli Apostoli si
racconta come iniziò la Chiesa. Dopo che Gesù era salito al cielo, i
suoi seguaci tornarono a Gerusalemme. Scrive Lucca negli Atti degli
Apostoli primo capitolo: "Ed entrati in città, salirono nella sala
superiore dove presero dimo¬ra. C'erano: Pietro, Giovanni, Giacomo e
Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e
Simone zelota e Giuda di Gia¬como. Tutti perseveravano concordi
nella preghiera, assieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù,
e ai fratelli di lui”. Questo fu il primo nucleo della Chiesa. Gli
apostoli, alcune donne e Maria. Le prime comunità cristiane erano
composte dall’insieme dei rappresentanti della Chiesa. E così
sentivo che doveva essere ciò che il signore desiderava da me.
<<La
missione che il Signore mi indicava era quella dell’accoglienza.
Essere cioè la “Casa” dove chi sente il bisogno di riposarsi
spiritualmente, per riflettere, per pensare, per correggere la rotta
della sua vita, possa trovare un luogo, una struttura come la Casa
di Betania. Noi siamo qui, accogliamo chi vuole venire. Ma non lo
accogliamo in modo distaccato, separato, cioè ospitandolo in una
struttura che sorge accanto al nostro convento. Lo ospitiamo
“dentro” il convento. Chi viene qui, vive con noi, prega con noi,
mangia con noi, parla con noi.
Si
trova immerso nella nostra vita. E poiché noi siamo una comunità
dove ci sono uomini e donne, e anche persone sposate, che hanno
famiglia, è più facile che questa persona trovi il modo per
esprimere le proprie difficoltà e gli aiuti e i consigli adatti per
risolverle.
<<Questa era l’idea, Ma era un’idea nuova, rivoluzionaria in un
certo senso. Comunque, sentivo che questa era il senso di ciò che mi
aveva suggerito Padre Pio. E iniziai. Prima con l’aiuto dei miei
superiori. Poi con l’aiuto del vescovo e alla fina ottenendo anche
l’approvazione della Chiesa>>.
<<Quindi la sua Congragazione è stata approvata dalla Chiesa>>.
<<Proprio così. Abbiamo avuto l’approvazione nel 1998. Il nostro
quindi è il primo Istituto di vita consacrata, nella storia della
Chiesa, che abbia questa caratteristica, essere cioè “misto”,
costituito da religiosi e religiose che vivono insieme: preghiamo
insieme, lavoriamo insieme, facciamo apostolato insieme, mangiamo
insieme, dormiamo naturalmente in strutture separate perché siamo
legati dal voto di castità, come tutte le persone consacrate a
Dio>>.

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