CONVERSANDO CON MADRE TERESA

Caro Tony e cari amici dell’angolo che Tony ha voluto riservarmi.  Il 19 Ottobre verrà  beatificata Madre Teresa di Calcutta. Un personaggio  straordinario e amato da tutti.

      La beatificazione è il primo gradino verso il riconoscimento pieno della Santità, che avviene con la canonizzazione. E per capire quanto grande sia la santità di Madre Teresa basta riflettere sul fatto che la Chiesa, per lei, ha infranto antiche e rigorose regole.

     Da secoli, infatti, la Chiesa osserva delle norme precise per i processi di beatificazione. Una di questa norme stabilisce che non si deve iniziare un processo di beatificazione se prima non siano trascorsi cinque anni dalla morte del candidato. Ebbene: Madre Teresa è morta il 5 settembre 1997. Dalla sua morte sono, quindi, trascorsi sei anni,  e il processo della sua beatificazione non solo è iniziato, ma è già arrivato a conclusione.

    Si è addirittura saputo che Giovanni Paolo II ha una così grande stima di Madre Teresa che  voleva “saltare” questo primo gradino verso la santità per celebrare subito il processo di canonizzazione. Aveva espresso questo suo desiderio ai cardinali  nel giugno dello scorso anno, chiedendo il loro parere. Ma i cardinali hanno optato per l’iter normale. Quindi, ora la beatificazione e poi, certamente presto, la canonizzazione.

     Da una recente inchiesta, è risultato che Madre Teresa è una delle persone più conosciute nel mondo. Voi, cari amici, lettori di queste mie pagine, conoscete di sicuro Madre Terse e avete letto diversi articoli o libri su di lei e sulla sua opera. Non mi soffermo perciò a raccontarvi la sua vita. Ma, nello spirito di questa rubrica, riferirò episodi e ricordi personali, cioè vissuti direttamente.

 Come spesso amo ricordare, il mestiere del giornalista è meraviglioso e permette di avvicinare persone straordinarie, altrimenti irraggiungibili. Grazie a questa professione, ho conosciuto artisti celeberrimi, cantanti, attori, scrittori, pittori, manager, filosofi, uomini politici, campioni dello sport e anche santi. E grazie proprio a questa mia professione, ho potuto conoscere e frequentare Madre Teresa. L’ho perfino accompagnata in giro per Roma in automobile. Spesso, quando arrivava in Italia, andavo a trovarla nella Casa delle “Missionarie della Carità”, le suore da lei fondate, a San Gregorio al Celio, vicino al Colosseo,  e restavo a conversare con lei anche delle ore. Conversazioni e incontri che mi hanno permesso di scrivere un libro fortunato, “Teresa dei poveri”, che è stato tradotto in quindici lingue.

      In genere, la Madre mi dava appuntamento alle cinque del mattino, perché desiderava che ascoltassi la Messa con lei e le sue suore. Poi mi serviva personalmente la colazione: caffè, latte, marmellata, pane e si preoccupava che mangiassi perché diceva che la prima colazione deve essere nutriente per dare energie per tutta la giornata. Mi sentivo confuso di fronte a tanta tenerezza materna, volevo impedirle di “servirmi”, ma lei era di una soavità straordinaria e non c’era verso di fermarla. Finita la colazione, si parlava.  Voglio, in questo primo scritto di ricordi su Madre Teresa, riferire ciò che rispose a una mia domanda un po’ impertinente che le feci durante uno di questi incontri.

Ero a Roma da diversi giorni. Come sempre, alloggiavo all’hotel Cicerone.  Madre Teresa era arrivata da Calcutta per la professione delle sue suore.  Chiesi di incontrarla e mi fissò l’appuntamento per il giorno dopo alle cinque del mattino.  Quella sera, dopo cena, dissi al portiere dell'albergo: <<Domattina, per favore, mi svegli alle quattro>>.

<<Parte così presto?>>, mi domandò.

<<No, devo vedere una persona>>, risposi.

Il portiere mi guardò sorpreso. Frequentavo il Cicerone da anni. Il portiere mi conosceva bene, sapeva che al mattino mi alzavo sempre presto perchè amavo andare a camminare per la città. Ma non mi ero mai alzato alle quattro e per di più per incontrare una persona.

Durante la notte dormii poco. Pensavo alle conversazioni che in quei giorni avevo avuto con Madre Teresa. Ero a Roma per raccogliere materiale per il mio libro. Grazie all'intervento di monsignor Paolo Hnilica, vescovo cecoslovacco, amico di Madre Teresa fin dal 1964, che mi aveva presentato, gli incontri erano molto fruttuosi e mi fornivano un materiale estremamente interessante. Negli intervalli avevo già cominciato a ordinarlo. Di notte, pensavo e ripensavo a quello che Madre Teresa mi veniva raccontando e  mi sentivo fortunato ad avere le sue confidenze. La sveglia suonò alle quattro precise e balzai in piedi pieno di energie. Dopo mezz'ora ero nella hall che attendevo un taxi. Roma, alle quattro e mezzo del mattino, ha un fascino arcano. Le strade sono deserte. I palazzi, i monumenti, avvolti in quell'ombra misteriosa che precede l'alba, sembrano esseri viventi, che trattengono il respiro in attesa di un evento clamoroso.  Il taxi correva disteso. Qualche finestra era illuminata. Un cane randagio attraversò la strada.  Ero in anticipo. Dissi al tassista di fermarsi vicino al Colosseo. Poi, a piedi, salii verso la Chiesa di San Gregorio al Celio.  La porticina, in fianco alla chiesa, che mi era stata indicata da Madre Teresa il giorno prima, era aperta. Entrai. La luce, che proveniva da alcune finestre, mi fece intendere che la cappella era da quella parte. Mi avvicinai. Guardai dalle finestre. C'erano già alcune suore inginocchiate. Presi posto in un angolo, in fondo, per non disturbare.  Le suore continuarono ad entrare, provenendo dalle camerate, dove avevano  riposato durante la notte. Arrivò anche madre Teresa e si inginocchiò, come le altre, sul nudo pavimento. Nessuna distinzione. Nessun posto riservato, privilegiato per lei. Era la "fondatrice", la madre Superiora generale della sua Congregazione. In tutti gli Istituti religiosi, le Madri superiori sono riverite, servite, trattate con distinzione. Ma lei, Madre Teresa di Calcutta, non ha mai voluto privilegi. Ha sempre voluto essere considerata alla pari delle altre consorelle. Anzi, alla pari con le "ultime", quelle appena arrivate, considerate soltanto aspiranti o novizie. E anche lì, in chiesa, quella mattina, era confusa tra le suore, in fondo alla cappella.  Dal mio posto, potevo vederla bene. La osservai attentamente per tutta la Messa. Sapevo che non avrei dovuto distrarmi durante quella cerimonia religiosa. Avrei dovuto pregare, come facevano le suore. Ma ero certo che il Signore avrebbe capito e sarebbe stato comprensivo. Era una preghiera anche l'ammirazione che suscitavano in me la concentrazione, l'umiltà, la dolcezza che vedevo sul volto della Madre in colloquio con il suo Dio.  Quando il celebrante lasciò l'altare perchè il rito si era concluso, una suora mi venne vicino e mi fece cenno di seguirla. Mi accompagnò in una stanzuccia e mi disse di attendere, che la Madre sarebbe arrivata presto.  Dopo circa una decina di minuti, ecco madre Teresa. Portava un vassoio con la colazione: caffè, latte, marmellata, pane, frutta. Mi disse di sedermi al tavolo e cominciò a servirmi. Volevo impedirglielo, ma non ci riuscii.

La Madre sorrideva amorevolmente. Premurosa come una madre, mi chiese se desideravo il miele al posto dello zucchero per dolcificare il caffè. Poi mi disse che aveva tardato a portarmi la colazione perchè aveva salutato le sue consorelle che sarebbero uscite per il lavoro in città

 <<È una bella giornata>>, disse.

<<Oggi non soffriranno molto il caldo>>.    Parlava con scioltezza. Mi chiese se mi era piaciuta la cerimonia della professione delle suore cui avevo assistito il giorno precedente.

 <<Sì, molto>>, risposi.

 <<Lei dovrebbe venire a trovarci a Calcutta>>, disse madre Teresa.

<<Là potrebbe respirare la vera atmosfera della nostra Congregazione e capire il significato profondo dell'opera che Gesù ha voluto da noi>>.

<<Mi piacerebbe molto venire a Calcutta>>, risposi. <<Anzi, devo venire senz'altro. Mi dia il suo indirizzo esatto e anche il telefono. Le scriverò e verrò a trovarla>>.

Madre Teresa prese il blocco-notes che avevo accanto, lo aprì e sua una pagina bianca  scrisse il proprio indirizzo.  E mentre scriveva cominciò a dire:   <<Un giorno, in America incontrai un personaggio importante e molto ricco. Mi diede il suo biglietto da visita e chiese il mio.

<< "Io non ho biglietti da visita", risposi.

<<"Come?" disse lui meravigliato. "una donna famosa e importante come lei, deve avere il biglietto da visita. Qui in America, la gente che conta sta molto attenta a queste consuetudini. Le consiglio di procurarsi al più presto il biglietto da visita e vedrà che le risulterà utile".

<<Ho ascoltato quel signore>>, proseguì Madre Teresa. <<Mi sono fatta stampare i biglietti da visita anch'io. Non vi ho fatto scrivere sopra, come si usa, i miei titoli e le mie credenziali, perchè io non ho niente, sono meno di nulla. Ho fatto scrivere alcune frasi che sono il mio programma di vita>>.

Frugò nelle tasche del suo "sari" , estrasse uno di quei bigliettini e me lo diede. Era un rettangolo di carta povera, color azzurro sbiadito. Sopra vi era scritto in inglese:

    GESÙ è felice di venire da noi,

     come la VERITÀ di essere detta,

     come la VITA di essere vissuta,

     come la LUCE di essere accesa,

     come l'AMORE di essere amato,

     come la GIOIA di essere data,

     come la PACE di essere diffusa.

Madre Teresa

 

 In fianco, sulla destra del cartoncino, erano disegnate due mani congiunte in segno di preghiera.  <<Questo biglietto>>, disse madre Teresa <<mi permette di essere in regola con le consuetudini della gente importante che spesso incontro. Loro mi danno la loro carta da visita e io ricambio con la mia. E, insieme, diffondo un buon pensiero, un messaggio. Chissà che qualcuno, leggendo queste righe, non pensi, non rifletta sul loro importante significato. Si può far del bene anche così>>.  Sorrise divertita, guardandomi negli occhi con quel suo sguardo intenso e buono.

<<La vedo riposata>>, dissi a Madre Teresa. <<Ieri invece mi sembrava molto stanca>>.

<<Ho riposato bene>>, rispose lei.

<<Negli ultimi anni lei ha subito alcuni interventi chirurgici piuttosto delicati, come quello al cuore: dovrebbe riguardarsi, viaggiare meno>>.

<<Me lo dicono tutti, ma io devo pensare all'opera che Gesù mi ha affidato. Quando non servirò più, sarà lui a fermarmi>>.

 <<Ha paura di morire?>>, le chiesi a bruciapelo.

Era una domanda impertinente e credo che Madre Teresa sia stata colta di sorpresa. Non si aspettava quella mia domanda. Smise di sorridere, ma continuò a fissarmi in silenzio per diversi secondi. Poi, a sua volta  mi chiese:   

 <<Dove abita?>>.

<<A Milano>>.

<<Quando torna a casa?>>.

<<Spero questa sera stessa. Vorrei prendere l'ultimo aereo, così, domani, che è sabato, posso stare in famiglia>>.

<<Vedo che è felice di tornare a casa, dalla sua famiglia>>, osservò.

<<Manco da quasi una settimana>>, dissi per giustificare il mio entusiasmo.

<<Bene bene>>, aggiunse la Madre. <<È giusto che lei sia contento. Va a trovare sua moglie, i suoi bambini, i suoi cari, la sua casa. È giusto che sia così>>.

Rimase ancora in silenzio per diversi secondi,  poi prosegui:

 <<Ebbene, vede, io sarei contenta come lei se potessi dire che questa sera muoio. Morendo, andrei a casa anch'io. Andrei in paradiso. Andrei a trovare Gesù. Io ho consacrato la mia vita a Gesù. Diventando suora, sono diventata la sposa di Gesù. Vede, porto l'anello al dito come le donne sposate. E io sono sposata a Gesù. Tutto quello che faccio qui, su questa terrà, lo faccio per amore suo. Quindi, morendo, tornerei a casa. Dal mio sposo. Inoltre, lassù, in paradiso, troverei anche tutti i miei cari. Migliaia di persone sono morte tra le mie braccia. Sono ormai più di quarant'anni che dedico la mia vita agli ammalati e ai moribondi. Io e le mie suore abbiamo raccolto per le strade, soprattutto in India, migliaia e migliaia di persone in fin di vita. Le abbiamo portate nelle nostre case e le abbiamo aiu­tare a morire serene. Molte di quelle persone sono spirate tra le mie braccia, mentre io sorridevo loro e accarezzavo i loro volti tremanti. Ebbene, quan­do muoio io vado a trovare tutte queste persone. Sono là che mi aspettano. Ci siamo voluti bene in quegli attimi difficili. Abbiamo continuato a voler­ci bene nel ricordo. Chissà quale festa mi faranno vedendomi. Come posso aver paura della morte? Io la desidero, l'aspetto perché finalmente mi per­mette di tornare a casa>>.

Non avevo mai sentito Madre Teresa parlare tan­to e parlare con tanto entusiasmo. Lei in genere, nelle interviste, era concisa, dava risposte brevi e veloci. In quell'occasione, per rispondere a quella mia strana domanda, aveva affrontato un autentico di­scorso. E mentre diceva quelle cose, i suoi occhi sfavillavano di una serenità e di una felicità sorpren­denti.

Intanto avevo finito di fare la colazione. Madre Teresa rimise le tazze sul vassoio, tolse la tovaglia che vi aveva disteso. Una suora giovane si affac­ciò alla porta e la Madre le diede il vassoio. <<Ecco, adesso possiamo riprendere il discorso che aveva­mo interrotto l'altro giorno alla Casilina, a Tor Fiscale>>, disse. Accesi il mio registratore e continuai a raccogliere le sue confidenze.

Renzo Allegri