UN MONASTERO DI CLAUSURA

ALLA PERIFERIA DI LAS VEGAS

Caro Tony, e cari amici che vi soffermate a leggere in quest’angolo a me riservato. Nei giorni scorsi i mass media hanno dato notizie riguardanti possibili attentati terroristici che potevano verificarsi nei giorni delle feste natalizie. Tra gli obiettivi indicati, oltre al Vaticano, vi era La Vegas, la famosa capitale americana del gioco d’azzardo, considerata dagli islamici, la città del peccato e che, quindi, loro volevano distruggere.

Sentendo quelle informazioni, mi è venuto alla mente il ricordo di un mio viaggio a Las Vegas, compiuto nella primavera del 1990, quindi quasi quattordici anni fa. Un viaggio singolare, che ha lasciato dentro di me un ricordo speciale ed è per questo che ve ne voglio parlare.

Ai primi di marzo 1990, i giornali riportarono una notizia curiosa. Riferirono che la famosa cantante e ballerina statunitense, Lola Falana, si era convertita alla religione cattolica e si era fatta suora.

  La notizia fece molto scalpore anche in Italia, dove Lola Falena si era conquistata una grandissima popolarità partecipando a varie trasmissioni televisive, in particolare, nel 1967, a “Sabato sera”, accanto alla coppia Mina-Luttazzi. Per questo, molti giornali cercarono di prendere contatti con lei, per avere conferma delle notizie lanciate da una agenzia di stampa, ma la famosa show-girl era introvabile e il suo agente aveva l’ordine di dire che Lola non voleva parlare con nessuno. 

Approfittando di una lontana amicizia, risalente appunto al 1967, quando Lola Falana cantava in Italia, cercai di contattarla anch’io. E, grazie anche all’aiuto di un fotografo italiano, Cesare Bonazza, che lavorava a Los Angeles, riuscii ad avere un appuntamento. Un’intervista esclusiva. Quindi, un risultato importante per il giornale dove lavoravo. L’agente di Lola Falana, con il quale avevamo dovuto trattare, ci fissò un appuntamento alle dieci del mattino e disse che il tempo a nostra disposizione era di un’ora e mezzo.

Raggiunsi Los Angeles. All’aeroporto, c’era l’amico Cesare che con la sua auto mi portò a Las Vegas. Arrivammo nella capitale del gioco d’azzardo alle tre del mattino. 

Vista da lontano, la città, immersa in un mare di luci, costituiva uno spettacolo unico. Un’isola di stelle in un deserto buio. Entrammo, ed era come entrare in una città in pieno fermento. Era impossibile pensare che fossero le tre del mattino. Gente per le strade, nei bar, nelle hall degli alberghi come in pieno giorno. Avevamo delle camere riservate in un grande albergo, ma alle dieci del mattino c’era l’appuntamento con la famosa soubrette, e potemmo riposare soltanto alcune ore.

L’incontro con la cantante fu cordialissimo. Lei si ricordava bene di me. Nacque subito un’intesa straordinaria. 

Forse avvertì che ero sinceramente “interessato” alla sua vicenda interiore e non solo “incuriosito”. Cominciò a raccontare. Una storia drammatica. Lei, nel fulgore della sua carriera e della sua vita, era stata colpita dalla sclerosi multipla ed era finita su una sedia a rotelle. E su quella sedia vi era rimasta per mesi e mesi, in preda ad una spaventosa disperazione e nella attesa di morire.Poi un’amica le aveva parlato di Medjugorje e delle apparizioni della Madonna in quella terra lontana. Un giorno, mentre guardava una videocassetta sui fatti prodigiosi di Medjugorje, si sentì spinta ad alzarsi. Era guarita.La lunga sofferenza, l’esperienza della terribile malattia, l’avevano fatta riflettere. Aveva riscoperto valori dimenticati come la preghiera, la religione, Dio. Aveva smesso i suoi abiti alla moda e ora indossava una semplice tunica bianca. Per questo i giornali avevano scritto che si era fatta monaca. Ma la notizia non corrispondeva a verità. Lola Falana non aveva nessuna intenzione di entrare in un monastero, ma voleva invece dedicare il resto della sua vita a Dio, servendolo nella preghiera e nell’aiuto del prossimo bisognoso. 

Lola mi disse anche che aveva prenotato un pellegrinaggio a Medjugorje.  Due settimane dopo quel nostro incontro, avrebbe raggiunto la cittadina dell’Erzegovina per andare a ringraziare la Vergine della guarigione ottenuta. Io ero da poco rientrato da un viaggio a Medjugorje, dove avevo intervistato i veggenti. Avevo in tasca un rosario che mi aveva dato la veggente Marja Pavlovic. Lo estrassi e lo regalai a Lola Falena. Lei si mise a piangere per la commozione. Mi disse che, durante la notte precedente, aveva sognato che una persona le regalava un rosario. In questa atmosfera di comprensione e di emozioni l’ora e mezza stabilita per l’intervista se ne era già andata. Ma Lola Falana ci disse che voleva restare tutta la giornata con noi. 

Continuammo a parlare. Lola mi raccontò che lei non era ancora diventata cattolica, ma stava studiando il catechismo. Mi disse anche che tutti i giorni andava a pregare in un conventino di monache di clausura, che si trovava alla periferia della città. Le chiesi se potevamo fare delle foto con lei in quel luogo. Accettò volentieri. Il conventino era costituito da una costruzione piccola e povera. Si trovava praticamente in mezzo ai campi e dietro si vedeva sorgere i maestosi grattacieli della grande città del divertimento. Lì c’era un gran silenzio. Nessuna persona. Ma si percepiva la presenza delle monache al di là delle mura. Lola Falana entrò nella chiesetta e si prostrò per terra, di fronte al tabernacolo, fino a toccare con la fronte il pavimento. Rimase in quella posizione per alcuni minuti.

 Pio, alzandosi, mi disse: <<Questa è la mia seconda "casa". Trascorro qui diverse ore al giorno. Le monache sono le mie migliori amiche. Le ho conosciute in un momento difficile della mia vita, quando dentro di me era ancora tutto buio e avevo bisogno di tanta comprensione. Posso parlare con loro solo attraverso una porticina nel muro, coperta da una tenda. Non le ho mai viste in faccia, ma so che mi vogliono bene>>.  Parlava con voce dolce e tono sommesso, fissandomi con i suoi grandi occhi sempre pieni di infantile stupore. Ascoltandola, non ho potuto fare a meno di tornare indietro con i ricordi a quando l'Italia impazziva per lei. Era il 1967. Nello spettacolo del sabato sera, il più seguito dalla gente, cominciò ad apparire una ragazzina di colore dalla bellezza incredibile. Lola Falana, appunto. Ballava e cantava sprigionando un magnetismo capace di incollare davanti ai teleschermi venti milioni di italiani.

 In poche settimane, quella ballerina divenne uno dei personaggi più popolari d'Italia. Era il sogno proibito di tutti gli uomini italiani, la ragazza che tutti avrebbero voluto come fidanzata. Erano passati 23 anni da allora. Lola era ancora bellissima, un star internazionale, ma quali cambiamenti erano accaduti dentro di lei. 

Lola tornò a inginocchiarsi sul pavimento raccogliendosi in preghiera. Cesare, con grande discrezione, le girava intorno scattando foto. Lo lasciai lavorare ed uscii dalla chiesetta. Rivolsi lo sguardo verso la città. Da quel groviglio di alberghi illuminati arrivava un brusio sordo. Sembrava il brusio di un immenso alveare. Era il respiro frenetico della città del gioco, del divertimento. In mezzo a quel brusio, migliaia di persone si agitavano alla ricerca di un qualche cosa che desse loro gioia. 

Gente di ogni genere: miliardari, avventurieri, disperati della vita, insoddisfatti, infelici, ragazze in cerca di emozione. Confusione, caos, luci, soldi, alcool, musica assordante. Mentre, invece, lì, dove mi trovavo, regnava uno strano silenzio. Dietro le mura di quella povera costruzione di periferia, si trovava un gruppo di donne che avevano scelto la clausura, cioè la vita da “sepolte vive”, per dedicare tutto il loro tempo alla preghiera. Per loro non aveva nessun significato la città con le sue luci, i suoi lussuosi alberghi, i suoi divertimenti. Loro pregavano per le persone che in quel brusio cercavano, forse, soltanto di annegare una solitudine insopportabile. E Lola Falana, che per anni era stata una star che si esibiva sui palcoscenici di quella città, osannata dagli ammiratori, ora se ne stava lì, nella chiesetta, prostrata per terra, nel silenzio e senza che nessuno la guardasse. 

Quelle riflessioni mi fecero una grande impressione.Un’impressione che ricordo ancora. E quando sento il nome di Las Vegas mi viene sempre in mente quel conventino. Vedo l’immagine di Lola Falena prostrata davanti al tabernacolo. Risento quel silenzio strano e il lontano brusio che proveniva dalla capitale del gioco d’azzardo.  Dopo due settimane dopo quel viaggio a Las Vegas ero a Medjugorje, ancora con Lora Falana. Le feci conoscere padre Slavko Barbaric, che era il “dirigente” di quanto avveniva in quel luogo. Attraverso lui, Lola potè conoscere i veggenti e assistere anche a una apparizione della Vergine. Era emozionantissima.  Gli articoli che poi scrissi su questa vicenda, fecero un grande scalpore. 

Raccontai la storia vera di Lola Falana. Si scatenarono altri giornali e le televisioni. Tutti volevano parlare con lei. Per un po’, Lola resistette. Poi accettò di tornare davanti alle telecamere per una conferenza stampa. Ma se ne pentì subito. Le domande che provenivano da quella selva di intervistatori erano banali. Nessuno le chiedeva della sua esperienza di fede, ma erano curiosi di sapere se era vero che ora viveva in castità e le chiedevano come facesse. Io la persi di vista. Non ho più avuto contatti diretti con lei. Ma non l’ho mai dimenticata e ogni tanto il mio pensiero va a quel giorno trascorso con lei a Las Vegas. 

Non ho importanti ricordi della città, degli alberghi, delle sale da gioco, del ristorante dove abbiamo cenato. Ma resta in me il ricordo vivissimo di quel conventino alla periferia della capitale del gioco d’azzardo, quella chiesetta silenziosa e povera sul cui pavimento Lola era prostrata in profonda e commossa preghiera.

Renzo Allegri