Incontriamo
Dora Moroni che nel mese di ottobre 1976 fu la prima valletta di
“Domenica in”.
UN PREMIO OSCAR
PER IL CORAGGIO
Di Francesco
Valli -Foto di Nicola Allegri
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Trent’anni fa era
un mito. Era la ragazza italiana più conosciuta e più popolare. Il
suo nome, Dora Moroni, era sulla bocca di tutti. Era la valletta di
“Domenica in”, trasmissione televisiva che iniziava la sua storia
proprio quell’anno, inventata da Corrado, mitico presentatore, ed
era seguita da un pubblico enorme. Dora Moroni, che aveva allora 22
anni, era bellissima, simpatica, spontanea, e nel programma si
esibiva come presentatrice, ballerina, cantante, attrice.
Dora
aveva un avvenire artistico straordinario davanti a sé. Le vita e la
professione le sorridevano dense di favolose promesse. Ma il sogno
dorato durò solo due stagioni. Nell’estate del 1978, quando la
seconda edizione di “Domenica in” si era felicemente conclusa
consolidando e allargando la popolarità della valletta, accadde
l’imprevisto. La notte del 13 luglio 1978 distrusse tutto. Al
rientro da una serata, l'automobile su cui viaggiava, guidata dal
presentatore Corrado, andò fuori strada. Il presentatore e Dora
finirono all'ospedale, in condizioni disperate. La più
grave risultò lei. Aveva riportato ferite, fratture, contusioni e
lo sfondamento della base cranica. Era in coma. Nei giorni che
seguirono, per tentare di rianimarla, i medici la sottoposero a
vari interventi chirurgici durante i quali si verificarono tre
arresti cardiaci.
Quando uscì dal
coma, dopo due mesi, era in condizioni pietose. Aveva metà del
corpo paralizzato e aveva perduto completamente l'uso
della parola. Ma non si perse d'animo. Con un'incredibile forza di
volontà, sottoponendosi a speciali cure d'avanguardia e a difficili
esercizi di riabilitazione, in sette anni ricostruì la sua vita.
Ma
non completamente. Grandi difficoltà rimasero insolute. Lei continuò
a combattere. Non smise mai di farlo. Con una grinta e una volontà
ammirevoli. Anche oggi, a distanza di 28 anni da quell’incidente,
Dora continua a battersi. Ed ha raggiunto traguardi straordinari. Ha
ricostruito la sua esistenza. Ha perfino ricostruito la sua
professione. Intatti, va ancora in giro a tenere concerti. E quando
entra in un locale, la gente le riserva un’accoglienza calorosa,
proprio in ricordo della simpatia grandissima che aveva conquistato
prima dell’incidente e in ammirazione per la volontà e la tenacia
con cui ha vinto il destino avverso.
E’
una donna ammirevole. Un esempio da segnalare e da celebrare.
Meriterebbe il Premio Oscar del coraggio se ci fosse un simile
riconoscimento. Poiché non esiste, glielo attribuiamo idealmente
noi, del “Faustino”.
<<L'incidente del
1978>>, mi ha raccontato un giorno <<deve aver leso la parte del
cervello in cui risiede il centro del linguaggio. Molti mesi dopo
aver lasciato l'ospedale completamente ristabilita, non riuscivo
ancora a dire neppure una parola. Emettevo un solo suono: "Aaaaaa",
e niente altro.
<<Era una
situazione spaventosa. Capivo tutto, il mio cervello era
perfettamente funzionante, pensavo in un modo normale, seguivo
qualsiasi ragionamento, ma avevo perduto gli automatismi del
linguaggio. Se vedevo una penna, sapevo che era una penna e che
serviva per scrivere ma nella mia testa non c'erano i
mezzi per esprimere questo. Inoltre, avevo anche perduto gli
automatismi "fisici" del linguaggio, cioè come muovere la bocca, la
lingua per emettere i vari suoni. Lo stesso era accaduto per la
scrittura. Non ricordavo più come si tracciavano i segni delle varie
lettere.
<<Questo
stato durò parecchio. I medici non sapevano se e quando avrei potuto
superare la situazione. A pensarci bene, c'era da diventare matti.
Devo ringraziare mia madre, che non ha mai permesso, neppure per un
momento, che mi lasciassi vincere dallo sconforto.
<<Ho
avuto un grande aiuto da una signora di Bagnacavallo, Alda Mazzotti,
che ha studiato a Milano e si occupa del recupero di persone affetta
da questi tipi di disturbi. La signora Alda cominciò a venire a
casa mia a insegnarmi le parole, come si fa con un bambino molto
piccolo. Mi mostrava i movimenti della bocca, le posizioni della
lingua per emettere i vari suoni. All'inizio ci mettevo tre, quattro
giorni a imparare un vocabolo. Era una fatica immensa, ma per
fortuna ce l’ho fatta>>.
Dora Moroni
sorride soddisfatta. Dal suo volto traspare grande serenità. Tutti
coloro che lo sono stati vicini dopo l’incidente sono concordi nel
dire che, anche in mezzo alle più grandi difficoltà, tra le
sofferenze più atroci, Dora non ha mai perso la serenità, il
sorriso. E’ una donna bellissima, e nei suoi occhi limpidi si vede
che il segreto della sua bellezza non è solo fisico, ma proviene
dalla bellezza che conserva dentro di sé.