Storia del Santuario di Oropa
IL MISTERO DELLA “MADONNA BRUNA”
di Roberto Allegri
Foto di Emanuela Gambazza
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Il Giro d’Italia che si è chiuso da circa un mese ha presentato agli
occhi dei telespettatori stupende località del nostro Paese, alcune
delle quali quasi sconosciute non perché nascoste e inaccessibili ma
perché lontane dalle mode, dalle mete vacanziere o dal fragore della
mondanità. Una di queste è il Santuario di Oropa, vicino a Biella,
dove si è conclusa la tredicesima tappa del Giro, il 25 maggio,
vinta tra l’altro dal mio amico Marzio Bruseghin.
Il Santuario di Oropa è il più importante santuario mariano delle
Alpi e sorge in uno scenario naturale di assoluta bellezza, sulle
prealpi biellesi, a 1200 metri sul livello del mare. Un luogo
incantevole, silenzioso e mistico, soprattutto se velato da una
leggera pioggia primaverile come il giorno in cui l’ho visitato.
Il Santuario è conosciuto anche come Santuario della Madonna Bruna,
perchè in esso vi si venera una statua lignea della Vergine con il
Bambino in braccio, statua che ha un colore scuro, quasi nero. Ed è
proprio questa statua, con la sua espressione misteriosa e la sua
altrettanto misteriosa origine, che affascina tutti coloro che si
fermano a guardarla. E la statua conserva anche un segreto, un
mistero che nessuno è mai riuscito a svelare.
Incuriosito come sempre quando si tratta di argomenti “di confine”,
ne ho voluto parlare con monsignor Alceste Catella, rettore del
santuario. <<Secondo la tradizione, la statua viene attribuita a San
Luca, l’evangelista che si racconta fosse anche medico e pittore>>,
mi ha detto. <<E, sempre secondo la tradizione, la statua sarebbe
stata portata quassù da Sant’Eusebio, primo vescovo di Vercelli,
morto nel 371. Egli, durante l’esilio in Palestina, visse per un
anno a Gerusalemme e pare che in quell’occasione sia venuto in
possesso della statua. Tornato a Vercelli, volle portarla qui tra le
montagne, edificando una chiesetta per proteggerla.>>
Monsignor
Catella mi ha fatto da guida e mi ha mostrato da vicino la statua,
posta sopra l’altare, nella cappella della Basilica antica. E’ una
statua alta un metro e 32 centimetri, scolpita in legno di cirmolo,
legno molto duro, dal particolare color giallo rossastro, che con il
passar del tempo tende a diventare scuro. La Madonna ha
un’espressione assorta, e tiene gli occhi chiusi. Il Bambino non è
stretto al seno, ma appoggiato sul braccio sinistro.
Tutte le storie scritte sul santuario si soffermano a raccontare un
fatto curioso e strabiliante che riguarda questa statua. Un fatto
che si verifica da secoli. Sul volto della Vergine e su quello del
Bambino non si deposita mai il più piccolo granello di polvere. Oggi
la statua è protetta da un vetro, ma la polvere forma egualmente un
sottile velo. Velo che era molto più vistoso nei secoli passati,
quando la statua non aveva questa protezione. Ma allora, come
adesso, gli studiosi chiamati a controllare il fenomeno, hanno
trovato che mentre sul corpo della Madonna e del bambino si vede
lampante lo strato di polvere, il volto della Vergine e quello del
piccolo Gesù sono pulitissimi, freschi, lucenti, come se mani
invisibili avessero appena passato su di essi un misterioso
strofinaccio. “Gli angeli, ogni notte, tolgono la polvere dal volto
della Madonna”, sono soliti dire i fedeli commossi.
<<Il fenomeno è noto, lo si trova infatti in tutti i libri, ma
andrei piano prima di gridare al miracolo>>, mi ha spiegato con
attenzione monsignor Catella. <<Potrebbe anche essere un fenomeno
naturale di cui non conosciamo le cause. Certo, è un fatto curioso,
enigmatico se vogliamo, per questo forse ha sempre suscitato tanto
interesse tra la gente. Il fatto è stato attestato pubblicamente per
la prima volta nel 1720, dal canonico Agostino Penna in un suo
discorso ad Oropa. E da quel momento è sempre stato ripreso da tutti
i libri che riguardano il Santuario. Devo dire che io stesso ho
constatato la cosa. Ogni anno, in prossimità della festa della
Presentazione di Maria al Tempio che si svolge il 21 novembre, si
procede alla pulizia della statua. Per tradizione tocca proprio al
rettore pulire i volti della Madonna e del Bambino, usando un panno
bianchissimo. E posso garantire che mentre sul resto della statua si
trovano abbondanti tracce di polvere, i due volti sono sempre
pulitissimi.>>
Incastonato
in una valle e dominato dal monte Tovo, il Santuario è formato da un
grandioso complesso di edifici,
articolati su tre piazzali a terrazza, e comprendente due
grandi luoghi di culto: la Basilica Antica, realizzata all'inizio
del XVII secolo, e la Chiesa Nuova, che richiama nella forma la
Basilica Vaticana di San Pietro, inaugurata nel 1960. Completano la
struttura, monumentali edifici, chiostri e la solenne scalinata che
conduce alla Porta Regia. Al di fuori delle mura del luogo di culto,
spicca il suggestivo Sacro Monte, formato da 19 cappelle: dodici
raccontano la vita della Madonna e le altre sette illustrano episodi
di devozione riguardanti il Santuario.
<<I primi documenti scritti che possediamo sul Santuario risalgono
al 1200>>, mi ha detto ancora il monsignore. <<In una bolla del Papa
Innocenzo III, datata 2 maggio 1207, si legge di una “chiesa di
santa Maria” nella valle di Oropa. Si riferisce alla primitiva
cappella che secondo la tradizione venne edificata da sant’Eusebio
per custodire la statua della Vergine bruna. Questa chiesetta era
appoggiata ad un gigantesco masso erratico, cioè uno di quegli
enormi macigni che l’antico ghiacciaio, responsabile della
formazione della valle dove sorge il santuario, ha trasportato nel
suo ampliarsi e ritirarsi. La chiesetta divenne fin dai primi tempi
il centro di culto di un gruppo di monaci eremiti e nel corso dei
secoli venne ampliata, a mano a mano che la devozione alla Madonna
attirava un numero sempre maggiore di pellegrini. Nel 1294 il
Vescovo di Vercelli Aimone di Challant fece costruire una chiesa più
ampia dedicata proprio a “Santa Maria di Oropa”. Ma furono i grandi
prodigi verificatesi durante le pestilenze ad aumentare in modo
significativo il culto verso la Vergine bruna.
<<Nel
1522, per esempio, in queste zone ci fu una terribile pestilenza. La
città di votò alla Madonna di Oropa e rimase prodigiosamente immune
dal contagio. La stessa accade con la grande peste del 1600 e poi
ancora con una nuova epidemia nel 1630. In quell’occasione, le carte
di sanità distribuite alla popolazione recavano l’immagine della
Vergine bruna con la scritta “Protettrice”. Il vescovo di Biella
Giovanni Stefano Ferrero, per ringraziare la Madonna e per adempiere
al voto fatto dai biellesi, fece costruire nel 1600 una nuova chiesa
ad Oropa, ancora più grande di quella che esisteva. E’ quella che
oggi chiamiamo Basilica vecchia e che racchiude nel suo interno la
primitiva cappelletta con la statua della Madonna.
<<La Madonna Bruna ha sempre goduto di una grande venerazione. La
gente di queste zone l’ha sempre invocata durante le carestie o le
inondazioni, o per chiedere una grazia in caso di malattia. E tante
sono le persone che affermano di avere ricevuto dei miracoli. Si
parla di guarigioni da paralisi, da malattie, addirittura da cecità.
Ma solo tre di queste grazie sono state ufficialmente riconosciute
dalle autorità ecclesiastiche. La prima riguarda un fatto accaduto
il 9 marzo del 1661. Giovanni Sà era un povero che viveva di
elemosina. Un gruppo di ladroni lo derubarono e gli tagliarono la
lingua con una forbice. Da quel momento Giovanni venne
soprannominato “il muto”. Ma mentre stava pregando la Vergine di
Oropa, la lingua gli crebbe all’istante e Giovanni riprese a
parlare. Poi ci fu il caso di Giacomo Vallet, che viveva a
Champorcher, vicino ad Aosta.
All’età
di nove anni era stato colpito da una paralisi completa e poteva
nutrirsi solo di liquidi. Rimase in quello stato per diciotto anni,
poi nel 1672, fece voto di recarsi a piedi ad Oropa se la Madonna lo
avesse guarito. Finito di pronunciare il voto, sentì che il suo
corpo riprendeva le forze e si alzò immediatamente in piedi. E il 25
agosto 1720, Giovanni Battista Perrone, mentre pregava nel
Santuario, sentì crescergli in bocca la lingua che gli era stata
tagliata anni prima dai pirati turchi perché non aveva voluto
rinnegare la fede cattolica.
<<Qui a Oropa è venuto in visita anche papa Wojtyla. Il 16 luglio
1989, in occasione del suo soggiorno in Valle d’Aosta, Giovanni
Paolo II venne a visitare il santuario. Il silenzio e la natura
quasi incontaminata che circonda Oropa devono certamente avergli
fatto ricordare le sue gite in patria, sui monti Tatra, quelle che
faceva da giovane. Nella storia di Oropa nessun pontefice aveva mai
fatto visita al santuario. Giovanni Paolo II è stato il primo. Prima
di lui, erano venuti qui in pellegrinaggio soltanto cardinali che
poi sarebbero divenuti Papa, come Achille Ratti, futuro Pio XI, e
Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI. Anche Angelo Roncalli,
che divenne poi Giovanni XXIII, venne qui quando era un sacerdote
nel 1913 e anche una volta fatto vescovo, nel 1938.>>