L'ESILIO DELLA PAROLA
Il filosofo Ludwig Wittgestein
ha scritto: " Non si può sentire uno sconforto più grande di quello di un
essere umano. Il mondo intero non può trovarsi in una situazione di
bisogno maggiore di quella in cui si trova una sola anima ".
E' particolare il fatto che spesso in un individuo si manifesti
un'angoscia così grande da superare il male del mondo intero. La
disperazione comporta la sua soppressione perchè si chiude su se stesso
fino all'annullamento, perdendo la capacità di attrarre la propria
attenzione. Nella disperazione si viene presi da una terribile stanchezza
nei confronti della vita.
Ma
come può il mondo spengersi in questo modo? Fernardo Pessoa ha mostrato
come il sentimento di angoscia segua a un naufragio di tutte le nostre
aspettative. Ma modificando le nostre attese, forse non facendo al mondo
richieste che esso non sa soddisfare, potremmo riuscire ad eliminare
questo sconforto? Ed è di questa delusione, di questa afflizione, che
tratta Claudio Baglioni a Lampedusa, nel suo profondo " O'Scià "... Solidarietà a
quell'uomo che ha bisogno di incontrare se stesso, una vita agevole, e
forse si... anche Dio.
Il mio approccio filosofico è sempre ricaduto sulla questione di Dio,
anche quando la sua esistenza non si poneva come domanda, ma risplendeva
come luminosa risposta. Dov'è Dio in quel viaggio difficile che per molti,
è la sopravvivenza? André Neher, filosofo ebreo che ha segnato
profondamente la storia del giudaismo francese del '900, ha cercato un
nuovo modo di leggere la Bibbia dopo un evento culturale drammatico come
quello che ha rappresentato Auschwitz. Il suo intento fu di introdurre nel
silenzio di Auschwitz, il silenzio della Bibbia e rappresentare
un'interpretazione originale della tradizione ebraica in rapporto agli
eventi tragici di quel secolo.
Ed
oggi? In determinate circostanze, come nell'immigrazione, non si può
parlare di un Esilio della Parola, di un'eclissi di Dio? E' anche vero
però, che il silenzio e la parola rappresentano i due momenti basilari
nella relazione tra Dio e Uomo, e quindi anche nella storia. La dialettica
del dirsi e del contra - dirsi come momenti inevitabili dell'avventura dei
due partners, quasi come in un gioco, in cui uno è alla ricerca
dell'altro, senza mai trovarsi completamente. Una dialettica in cui uno
dei due è sempre in anticipo verso l'altro. Il silenzio divino costringe
l'uomo a fare la sua parte, inserendolo in una dimensione di
responsabilità radicale ed obbligando il comportamento umano a divenire
etico nel senso più profondo.
Spesso tutto questo mi fa pensare più che al rapporto tra Creatore e
creatura, a quello tra due amanti, tra due esseri che devono ognuno patire
l'altro. A Lampedusa, Claudio sembra dire che o si cresce insieme e si
impara a capire anche i propri silenzi, o è destino non incontrarsi mai e
mancarsi reciprocamente. In questa strana isola, la chiave della
dialettica è il Forse. Il forse della speranza e del rischio, che
abbandona l'uomo alla sua solitudine e troppo spesso, lo espone al
fallimento totale, che in definitiva sarebbe dal mio punto di vista, anche
il fallimento di Dio. Di qui, l'immaturità della filosofia nel dare una
risposta a questo caos , a tutti quegli avvenimenti impensabili. Pensare
ad un cadavere, a mille cadaveri sulla spiaggia, nelle profondità del
mare, non significa forse richiamare alla mente un evento quale una delle
mostruosità generate dalla ragione, come totale disumanizzazione che
annienta la possibilità stessa di pensare e nominare l'umanità?
Non
rischia di essere spazzato via qualsiasi discorso etico o religioso? Ma se
Dio a Lampedusa tace per lasciare spazio alla libertà dell'uomo? La
libertà infatti è dialetticamente legata al silenzio . Una libertà che
lascia spazio al mondo. Ma che tipo di mondo? Elie Wiesel, uno scrittore
rumeno, scrisse nella sua opera " La Notte", : " Non accettavo più il
silenzio di Dio. Trangugiando la mia gavetta di minestra, davo a quel
gesto il significato di un atto di rivolta e di protesta contro di Lui ".
Ecco cosa deve poter emergere nella manifestazione " O'Scià " : la
contestazione di una giustizia assoluta perchè come Hans Jonas, " non
posso credere che l'umanità voglia barcollare ad occhi aperti verso la
propria apocalisse".
Claudio ha detto che il mondo ha bisogno di tutte le nostre storie. Io
aggiungo, anche delle lacrime e del riso, dove piangere è seminare, e
ridere è raccogliere. Il riso è il racconto palpabile, la pienezza; le
lacrime sono la semina, il rischio. E l'essenziale, è proprio racchiuso
lì.
Sabrina Panfili
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