Ho
scelto “Sera di domenica di carnevale”, di Lionello Fiumi, un poeta
ingiustamente dimenticato. E’ una lirica drammatica, sconvolgente.
Con una scelta di vocaboli e di immagini che danno i brividi, Fiumi
spiega il tormento dell’uomo di lettere, vittima del costante
tendere verso una perfezione che non raggiunge mai.
LIONELLO FIUMI:
UN CASO LETTERARIO DA RIAPRIRE
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di Roberto Allegri -
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Ho
scelto una poesia di Lionello Fiumi, che si intitola “Sera
di domenica di carnevale”, soprattutto per parlare di lui:
un poeta ingiustamente dimenticato.
C’è
una foto che tengo sulla parete di fronte alla mia
scrivania. Mi ritrae a due anni, in braccio ad un uomo
elegante, i baffi bianchi e i capelli impomatati pettinati
all’indietro. Era il 1971. Quell’uomo era Lionello Fiumi,
forse il più grande poeta che mi sia capitato di leggere.
Nato nel 1894, morì qualche anno dopo la foto che sta nel
mio studio, nel 1973. In Francia, dove visse per molti anni,
era considerato, e lo è ancora adesso, uno dei grandi. Ci
furono critici che lo paragonarono a Leopardi. In Italia
invece, è quasi sconosciuto.
Scrivo
questo articolo ascoltando la “Gymnopédie n. 1” di Erik
Satie, e la musica così densa di tristezza e nostalgia mi
pare la più appropriata per ricordare quel vecchio poeta che
in qualche modo porto dentro di me. In quel lontano
incontro, qualcosa di invisibile si è trasferito da lui a
me, forse dentro una carezza o un sorriso. Un qualcosa che è
esploso quando, ormai adulto, ho letto i suoi libri di
poesie. Quei versi erano frecce di fuoco e colpivano la mia
anima.
La
foto di me in braccio al poeta,la scattò mio padre, allora
giornalista quarantenne. E proprio nell’archivio di mio
padre ho trovato pagine importanti in grado di parlarmi di
Fiumi. Perché anche in internet si trova ben poco su di lui,
come se il mondo della poesia avesse deciso di lasciare
questo scrittore e le sue opere nel quieto oblio
dell’indifferenza.
Mio
padre incontrò la vedova di Lionello Fiumi, Beatrice
Magnani, pochi mesi dopo la scomparsa del poeta. In quell’intervista,
pubblicata sul settimanale “GENTE”, dove mio padre allora
lavorava come inviato, la signora Beatrice parla del marito
e racconta di come la Francia fu per lui il Paese del
riconoscimento. E di come, invece, l’Italia fu quello
dell’oblio.
<<Mio
marito>>, si lamentava in quell’articolo la signora
Fiumi <<ha dedicato tutta la vita alla divulgazione della
letteratura italiana nel mondo, ed è morto completamente
ignorato dai letterati dagli ambienti culturali italiani. E'
una cosa triste. Ancor più se si pensa che all'estero,
soprattutto in Francia, è considerato un grande poeta>>.
Riferendosi poi alle esequie celebrate qualche settimana
prima, aggiungeva: <<Al funerale sono venute le autorità
politiche di Verona, i suoi amici veronesi, ma nessun altro.
Non sono arrivati né lettere, né telegrammi da poeti o
scrittori italiani. |
Sera di domenica di carnevale
Ma
questa pace bianca!...
Le
strade imbianccate di neve,
imbottite d’ombra greve,
deserte: è sera di domenica, si beve
nelle osterie.
Cupo, cammino per le cancerose vie
del
sobborgo, e mi sbruffa diaccia
la
neve sulla faccia.
Il
romore del passo, leggero, s’ovatta.
Sfioro una taverna dalla cortina
scarlatta:
proietta
una
zona sanguigna che imbelletta
la
neve.
Per
uno sdrucio della cortina
intravedo, dentro, al grasso lume
dell’acetilene,
il
giallume
d’una polenta paffuta;
un
riflesso arrubina
una
fiasca panciuta;
sui
bruni tavolacci lordi
ghigne oscene
d’uomini scabri,
puttane frolle pitturate di cinabri:
pacchiano, trincano: ingordi.
Escono fuori all’aria gelida zaffate
di
risate,
accordi folli e fini
di
mandolini,
pizzicate bizzarre
di
chitarre.
Io
passo cupo, avviluppato nella mia
tristezza,
……pizzicate
bizzarre
di
chitarre….
e
nel cuore s’aggruma l’amarezza.
Perché non posso anch’io essere un bruto?
Godono, loro. Io sono preda al mio
pensiero.
Essere nato di plebaglia come loro: e non
pensare,
e
non cariare i nervi sui volumi, e non
finezze amare
di
sentimento.
O
almen potere, se lo strazio è più
violento,
bere, il pensiero soffocarlo nel velluto
ingannevole dell’ebbrezza.
Destino mio. Cammino con la mente
lucidissima, pel nero,
e il
cuore un acuto soffrire mi straccia.
Sbruffa la neve sulla faccia.
Davanti, la strada, deserta, non serba
una
traccia.
Fanali verdigni
che
profilano intrichi di magri
alberi arcigni.
Qualche maschera briaca
con
voce ormai opaca.
Per
l’aria nevosa, brandelli di canti
agri. |
Invece, dalla Francia ha telegrafato il ministro francese per
gli Affari culturali; il presidente della "Société des Poètes
Francais"; André Pézard, del "Collège de France"; Jacques Duron,
direttore del Servizio delle lettere al ministero di Stato degli
Affari culturali, amico personale di mio marito; professori
della Sorbona, accademici di Francia, poeti, letterati, critici,
pittori. Il ministro francese per gli Affari culturali ha anche
mandato una corona di fiori>>.
La parole della signora Beatrice Fiumi inquadravano, allora, in
modo plastico la situazione, che non è, poi, mai cambiata.
Certo, ci sono iniziative nel nome di Lionello Fiumi, ma locali,
provinciali.
A
Roverchiara, in provincia di Verona, c’è una Biblioteca che
porta il nome di Lionello Fiumi e l’amministrazione comunale
gestisce un Premio di poesia sempre intitolato a Fiumi; A Verona
c’è un “Centro Studi Internazionale Lionello Fiumi”, legato alla
Biblioteca, e legato anche all’Università di Verona, centro che
ha prodotto alcune tesi di laurea, pubblicazione di carteggi.
Iniziative lodevoli, ma purtroppo circoscritte, che non hanno
cambiato la situazione di questo poeta. Fiumi continua ad essere
sconosciuto in patria ed è una vera ingiustizia, perché, come ho
detto, la poesia di Lionello Fiumi, a leggerla senza pregiudizi,
è di grande, grandissimo valore.
E lo
documentano le prestigiose pubblicazioni, le onorificenze, i
giudizi critici di indubbio valore, che riguardarono Fiumi
quando lui lavorava in Francia.
André
Pézard, il più famoso italianista di Francia, traduttore di
tutta l'opera di Dante in francese, scrisse varie monografie e
saggi su Lionello Fiumi. In un saggio, si legge: "In Italia vi è
un autore che fin d'ora possiede una grandezza imparentata alla
grandezza del Leopardi, e questo autore è Lionello Fiumi".
Eugène
Bestaux, altro famoso italianista francese, scrisse su Fiumi:
"Questo poeta è uno dei più grandi, dei più semplici e dei più
commoventi che conosca il nostro tempo, uno di quelli che, se la
sorte e gli uomini sono giusti, possono essere sicuri di'
sopravvivere ".
Georges Duhamei, Accademico di Francia, scrisse: "Lionello Fiumi
è ad un tempo, caso abbastanza raro, un poeta ispirato e un
grande servitore delle lettere e della civiltà"
Nel
1934, il presidente della Repubblica francese, Albert Lebrun,
nominò Lionello Fiumi cavaliere della Legion d'Onore. Nel 1940,
la poesia di Fiumi venne inclusa fra i temi d'esame per i
professori che, alla Sorbona, volevano ottenere l'abilitazione
all'insegnamento dell'italiano. Nel 1948, Fiumi fu eletto membro
dell'Accademia dei poeti di Parigi. Nel 1954, ricevette, a
Parigi, il Grand Priz International de Poésie della "Société des
Poètes Français", per la prima volta assegnato a un italiano.
Prima di lui, il premio era stato dato a Thomas S. Eliot, Par
Lagerkvist, L. Sedar Senghor, e pochi altri poeti di fama
mondiale. Alla consegna ci fu un discorso del ministro
dell'Educazione, André Marie, ex presidente del Consiglio. Il
giorno dopo ci fu un grandioso ricevimento, offerto dalla "Société
des Gens de Lettres", il maggiore sodalizio letterario francese,
al quale parteciparono i letterati più noti di Francia. A
seguito di quel premio, l'anno dopo il presidente della
Repubblica, Coty, diede a Fiumi la rosette della Legion d'Onore,
distinzione rara per uno scrittore straniero. Nel 1960, Fiumi fu
proclamato vincitore del "Premio internazionale Edgar Poe",
anche questo assegnato per la prima volta a un italiano. Nel
1962, venne incluso nella celebre collezione Poètes d'aujourd'hui
dell'editore Segher, con una monografia dell'italianista Roger
Clérici. In quella collezione, dove sono ricordati i più famosi
poeti del mondo, l'Italia è rappresentata solo da tre nomi:
Leopardi, D'Annunzio e Fiumi.
Sono
documenti che parlano da soli. Forse mai, nessun altro poeta
straniero, ebbe in Francia tanti prestigiosi riconoscimenti. E
va detto che i francesi non sono teneri con gli stranieri. Quei
giudizi, quei premi, Fiumi se li deve aver meritati e sudati.
Però,
nonostante tanta gloria oltr’Alpe, il poeta veronese non ha
avuto quasi nessun riconoscimento in patria.
Nell’intervista a mio padre, la moglie del poeta se ne lamenta:
<<Mio marito ha sofferto molto per questa congiura del
silenzio in patria. Non riusciva a capirne le ragioni. Sperava
sempre che le cose cambiassero. Ad ogni ricorrenza (cinquant'anni
di vita letteraria, sessant'anni dal primo libro di poesie),
diceva: "Vedrai che questa volta parleranno di me anche in
Italia". E ogni volta era una delusione. In Francia gli facevano
grandi feste, i giornali gli dedicavano spazio, interveniva la
televisione. In Italia silenzio. Lui accettava con piacere gli
omaggi dei francesi, ma fino all'ultimo il suo più grande
desiderio fu quello di essere ricordato in Italia.>>
Va
sottolineato anche un altro aspetto dell’attività di Lionello
Fiumi. Non fu solo un poeta, ma anche un solerte e importante
divulgatore della poesia italiana. Non pensava cioè solo a se
stesso, ma anche ai colleghi. Nel 1928 pubblicò in Francia la
Anthologie
de
la
poésie itatienne contemporaine, che ebbe un enorme successo
e fu divulgata in tutto il mondo. Era la prima iniziativa del
genere per la nostra letteratura. Attraverso quella antologia,
per la prima volta furono fatti conoscere all'estero poeti come
Saba, Montale, Govoni, Corazzini, Folgore, Sbarbaro, Titta Rosa
e Palazzeschi. Nel 1933 pubblicò la Anthologie
des narrateurs italiens contemporaines,
e
anche quella fu divulgata in tutto il mondo e fece conoscere
all'estero, per la prima volta, Moravia, Alvaro, Bontempelli,
Panzini, Ojetti, Cicognani, Barilli, Bacchelli, Comisso, Emilio
Cecchi. Nel 1932 fondò una rivista bilingue, scritta cioè in
francese e in italiano, intitolata Dante, attraverso la
quale continuò a far conoscere decine di scrittori, di poeti e
prosatori italiani. A queste grandi opere, si devono aggiungere
gli articoli, le trasmissioni radio in lingua francese, dove
parlava sempre della letteratura e dell’arte italiana.
Nell’intervista a mio padre, la signora Beatrice Fiumi afferma
che il poeta conservava nel suo archivio “pacchi di lettere
di scrittori e poeti italiani che si raccomandavano a lui” e
che lui ha sempre aiutato. Quell’archivio certamente non è
andato distrutto. Sarebbe molto interessante ritrovare quelle
lettere e farne oggetto di uno studio.
Comunque, tornando a Lionello Fiumi poeta, voglio riportare qui
una sua composizione tratta dal volume “Poesie Scelte”,
pubblicato nel 1963 dalla Casa Editrice Ceschina di Milano. Un
vecchio libro che mi è carissimo.
E’ una
poesia drammatica, sconvolgente. Con una scelta di vocaboli e di
immagini che danno i brividi, Fiumi spiega il tormento dell’uomo
di lettere, vittima del pensiero e del costante tendere verso
una perfezione che non raggiunge mai, di fronte alle
manifestazioni libere e istintive della gente quando beve,
quando si lascia andare ai piaceri, quando perde i freni
inibitori. Vorrebbe tanto anche lui allentare le redini,
lasciarsi trasportare, ma non riesce. E soffre. E rimane solo, a
vagare tra le vie innevate del paese. Leggetela ad alta voce, vi
prego. Ascoltate la musica. Quella musica che è l’unico vero
metro per giudicare una poesia. Per questo, Lionello Fiumi è
stato un grandissimo compositore. |
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