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mi tengono ancora oggi, la migliore delle compagnie.
I PENSIERI IMMORTALI DI UN GRANDE ARTISTA
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di Roberto Allegri
Nel 1957 morì a Parigi lo scultore rumeno
Constantin Brancusi, considerato
uno dei più grandi di sempre. Nel suo studio, lasciato in eredità al
Museo di Arte moderna di Parigi con l’ordine di lasciare tutto come
stava, vennero trovati appunti, pensieri, riflessioni su quaderni e
foglietti che Brancusi aveva scritto nelle sue solitarie notti
trascorse a meditare sulla vita e sull’arte. Frasi bellissime ed
emozionanti che sono state poi raccolte in un libro intitolato “Aforismi”.
Un libro magico.
L’esistenza
e l’opera di Brancusi sono materia di leggenda. Non nascondo
l’ammirazione che ho per lui. Una vera passione non da esperto
d’arte quale non sono. Ma una passione figlia del sentimento e dalla
meraviglia che la filosofia dell’artista ha suscitato nel mio
spirito. Un’amore che mi ha spinto, qualche anno fa, ad andare a
Parigi solamente per visitare il cimitero di Montparnasse e rendere
omaggio alla sua tomba.
Mi sono sempre e inspiegabilmente sentito
molto legato a Brancusi. Tengo la sua foto sulla parete davanti alla
mia scrivania. Sono sempre alla ricerca di libri che parlino di lui.
Intrattengo rapporti epistolari con uno dei più grandi esperti “brancusiani”,
Radu Varia, autore tra l’altro di una restigiosissima monografia
sull’artista. Tutto, nella vita di Brancusi come nelle sue opere, mi
affascina. Forse per quella particolare atmosfera di ascetismo e
contemplazione che le avvolge e che sento vicina al mio modo di
sentire.
C’è chi sostiene che Brancusi sia tra gli ideatori dell’arte
moderna. Ma la cosa che lascia stupiti è il percorso creativo del
suo pensiero. Con gli anni, la sua arte si fece sempre più
concettuale fino a raggiungere qualcosa che pare impossibile:
scolpire nel marmo l’idea, il concetto, il movimento. Oggi, le sue
opere non hanno mercato. Sono tutte nei più grandi musei come il
Guggenheim Museum di New York, la National Gallery of Art di
Washington, il Museum of Modern Art di New York e, in Italia, il
museo Penny Guggenheim di Venezia.
La
vita di Brancusi, ho detto, assomiglia ad una leggenda. Nel 1904,
all’età di 28 anni, lascia la Romania e parte, a piedi, alla volta
di Parigi. Ci impiega due mesi. Nella capitale francese stringe
fraterna amicizia con i grandi dell’epoca come Modigliani, al quale
insegna a scolpire, Matisse, Henri Rousseau, il musicista Erik Satie.
Per una decina di anni lavora facendosi un nome nel campo della
scultura, poi va ad abitare in uno studio nell’impasse Ronsin che
diviene un specie di monastero dell’arte. Brancusi costruisce tutto
da sé, ogni mobile, persino la stufa, evitando qualsiasi
contaminazione che non provenga dalle sue mani e proseguendo la
tradizione dei contadini rumeni che edificavano la casa col sudore
della fronte. Legno e pietra diventano creta tra le dita di Brancusi
e da essi ricava vita e arte. Col tempo diventa famoso, osannato. Le
sue opere attirano l’interesse del mondo intero. Lui però, sguardo
di fuoco e barba bianca, mantiene uno stile di vita umile,
appartato. Non frequenta gli eventi mondani come la maggior parte
degli artisti parigini. Non accetta di fare parte di nessuna
corrente, di nessun circolo, di nessuno gruppo. Lavora appartato,
silenzioso. Il suo atelier lo si può vedere ancora oggi e rendersi
conto, in parte, quale era il suo stile di vita. E’ stato
interamente ricostruito, tale e quale, davanti al centro nazionale
di arte e cultura Georges Pompidou. Visitarlo è esperienza che mette
i brividi.
Brancusi muore ricco e famoso, ma con poche cose, quelle che poi
verrano trovate nel suo studio. Qualche libro, qualche disco di
musica classica. E poi appunti sparsi su quaderni e foglietti, sui
banchi di lavoro, tra le sculture e la polvere di marmo. Frasi e
riflessioni raccolti nello straordinario volume “Aforismi”.
E’ uno di quei libri che non hanno tempo, che anzi diventano come un
inesauribile fonte di giovinezza, di spunti, di progetti. Come
attingere di continuo da un sacchetto di monete che non finiscono
mai. Lo apro spesso, vi cerco indicazioni quando ho l’impressione di
sbandare, di non avere più molto chiara la strada. Brancusi, con la
sua saggezza e la sua semplicità, mi fornisce allora intuizioni,
abbozzi di idee, suggerimenti che spingono il mio spirito verso una
soluzione. Perché l’artista vero non è prigioniero della sola
scultura, pittura, musica o poesia. Ma è invece un eroe della vita
che insegna la costanza, la dedizione, il perseguire un pensiero
fino alla fine senza compromessi.
Nei
suoi aforismi, il grande scultore parla un po’ di tutto. Dell’arte,
del suo lavoro, di Dio, dell’umanità, di come concepire la vita. Ne
spargo qualcuno, qui di seguito, per dare un’idea della ricchezza
che si può trovare nelle pagine del libro.
In risposta a chi pensa che l’ispirazione artistica sia figlia del
dolore, Brancusi risponde: “Io non credo al tormento creativo. Il
fine dell’arte è creare la gioia. Si crea artisticamente solo
nell’equilibrio e nella pace interiore.” Oppure ancora: “Lavorare
come si respira, nella gioia e senza fatica, ecco la meta.”
Mi è sempre piaciuto alzarmi molto presto al mattino per lavorare
nella massima tranquillità, abitudine che ho appreso da mio padre.
Poi ho scoperto che anche Brancusi amava lo stesso: “Mi sveglio
sempre a mezzanotte; allora medito e leggo. E’ così bello vegliare
quando gli altri dormono, perché gli spiriti inquieti riposano,
l’atmosfera è serena. Se l’avessi capito quand’ero più giovane, che
sono gli spiriti inquieti degli altri che ci vietano di lavorare”.
Ciò
che Brancusi pensava della vita si comprende benissimo quando
scrive: “La fortuna è nelle mani di Dio, l’importante è la vita. La
vita è una cosa tanto bella, mirabile, divina, che nulla potrebbe
mai sostituirla. Chi entra nella vita vera non ha bisogno di niente:
ha tutto a portata di mano e non deve fare altro che prendere.” E
ancora: “Il saggio trasforma il suo veleno interiore in rimedio per
sé e mezzo di guarigione per gli altri.”
Infine, una frase che ritengo pietra miliare: “Dobbiamo capire che
noi non facciamo mai niente, che c’è qualcuno che ci guida e che è
il nostro intermediario. Noi non esistiamo: ecco il gran segreto.”
(Constantin Brancusi “Aforismi” – ABSCONDITA
2001)