In tutto il
mondo cattolico si sta celebrando il centocinquantesimo anniversario
delle apparizioni della Madonna a Lourdes, apparizioni che si
verificarono ai piedi dei Pirenei a cominciare dall’11 febbraio del
1858. Evento straordinario che in questi mesi è stato illustrato e
continua ad esserlo dai media, soprattutto da quelli cattolici, e
che avrà la sua massima visibilità mediatica a settembre quando, dal
13 al 15, sarà pellegrino in quel santuario anche Benedetto XVI.
Lourdes ha
segnato profondamente la storia della devozione mariana, soprattutto
a livello di massa, di popolo. E questo anche per i molti “segni”
soprannaturali che in quel luogo hanno continuato a verificarsi,
come conversioni e prodigiose guarigioni. Negli archivi del
Santuario sono conservate le documentazioni mediche di oltre 8000
guarigioni scientificamente inspiegabili. Ma moltissime altre se ne
sono verificate, delle quali gli interessati non hanno creduto
opportuno presentare la documentazione medica. La Chiesa, nella sua
somma prudenza e somma rigorosità, ha finora riconosciuto come
“autentici miracoli” soltanto 67 di quelle guarigioni.
Raramente,
però, chi racconta Lourdes si sofferma a parlare diffusamente della
veggente, Bernadette Soubirous, scelta dalla Vergine per diventare
“mezzo” di comunicazione tra il cielo e la terra. Ed è molto
interessante osservare che tipo di “mezzo” abbia scelto la Madonna
per trasmettere il suo messaggio. La Vergine posò i suoi occhi e la
sua benevolenza su una ragazza umilissima, poverissima, analfabeta,
malaticcia, la più umile e povera che poteva forse trovare. Ma che,
nella sua umiltà e nella sua povertà custodiva il grande dono della
fede vera e dell’amore concreto per Dio e per il prossimo.
Apparentemente, Bernadette era una nullità, in realtà era una
grande santa, l’innocenza personificata, così vicina a Dio da
attrarre la predilezione dalla Vergine Santissima.
Ecco la vera
storia di Bernadette Soubirous. Nata il 7 gennaio 1844, era figlia
di François Soubirous e Louise, due persone buone, generose,
estremamente sfortunate. Oltre ad essere poveri, erano anche
ammalati. Si erano sposati il 9 gennaio 1843. Lui aveva 34 anni, lei
17. Un anno dopo, esattamente il 9 gennaio 1844, nasceva la loro
primogenita cui venne dato il nome di Bernarde-Marie, ma poi sempre
chiamata Bernadette.
François e
Louise gestivano allora il mulino che era stato del padre di Louise.
Una azienda importante e redditizia. Ma loro due non erano tagliati
per gli affari. Erano troppo buoni. Non riuscivano a farsi pagare
dai creditori morosi. Louise trattava i clienti come familiari e,
quando venivano per macinare il grano, offriva loro merendine e
vino. In poco tempo sperperarono il loro patrimonio e si trovarono
sul lastrico.
Nel
1852 dovettero andarsene e cercare alloggio in città. La famiglia
intanto era cresciuta. Louise aveva avuto altri cinque figli, tre
dei quali erano morti. Bernadette era cagionevole di salute. Fin
dai primi mesi di vita andava soggetta a raffreddori e bronchiti.
Aveva sempre dolori di stomaco. Cresceva a stento. Nel 1855 rischiò
di morire, colpita dal colera che in quegli anni stava decimando la
Francia. Si salvò per miracolo, ma contrasse una forma d'asma che
continuò a tormentarla per il resto della sua vita con crisi che
spaventavano tutta la famiglia.
Alla fine del
1855, i Soubirous ricevettero una grossa eredità. Pensarono che la
loro sfortuna fosse finita. François investì i soldi in un nuovo
mulino e in un allevamento di bestiame fuori Lourdes, nel piccolo
villaggio di Bartres. Ma in poco tempo si mangiò tutto e ripiombò
nella miseria.
Tornò a vivere
in città, deriso da tutti. Affittò due misere stanze e riprese a
fare il bracciante. Ma era un periodo nero. La Francia era stata
colpita dalla siccità e imperversava una terribile carestia.
François non trovava lavoro. Anche Louise era disoccupata. I loro
figli non avevano da mangiare. Trascorsero giorni terribili. La
famiglia era molto unita. Si volevano un gran bene anche nella
miseria, ma la tristezza pesava come un macigno. François e Louise
cercavano di annegare i dispiaceri bevendo qualche bicchiere di
vino. Si sparse la voce che erano ubriaconi e la diffidenza nei loro
confronti crebbe, facendo diminuire le possibilità di trovare
lavoro.
Data la triste
condizione della famiglia, anche Bernadette dovette darsi da fare e
fin da quando era ancora una bambina andava a lavorare nelle
famiglie, come serva, per portare a casa un piccolo aiuto. Per
questo non potè frequentare la scuola e neppure il catechismo. Quel
poco di religione che conosceva glielo aveva insegnato la madre. A
13 anni, Bernadette aveva finalmente trovato un posto fisso in
un'osteria. Ma era trattata male. Le facevano fare tutti i lavori
più umili, ed era sottoposta a continue molestie. Dopo mesi
trascorsi nella desolazione e nel pianto, tornò in famiglia.
François
non era riuscito a mettere insieme neppure i soldi per pagare
l'affitto e dovette ancora sloggiare. Nessuno voleva affittargli
una stanza. Rischiò di restare su una strada. Ricorse a un parente,
proprietario di una ex prigione, talmente malsana da essere stata
giudicata inadatta anche per i condannati. E quel parente gli
affittò una stanza al pianterreno della prigione, quella accanto
alle latrine, il luogo più sudicio, più maleodorante, più infetto e
fetido che si potesse immaginare. Quel luogo era un inferno. La
stanza, 3,37 metri per 4,40, con una sola piccola finestra, doveva
servire da camera e cucina per cinque persone. Bernadette andava
soggetta a continue crisi d'asma e si aggrappava alle inferriate
dell'unica finestra cercando aria, ma poteva respirare soltanto
immondi miasmi.
Tuttavia, anche
in quell'inferno i Soubirous trovavano la forza di stare uniti e di
pregare. Gli abitanti della zona, in seguito, testimoniarono:
<<Quando giungeva la sera, noi sentivamo che i Soubirous dicevano il
Santo Rosario: pregavano tutti insieme, spesso senza aver mangiato,
perché non avevano niente tanto erano poveri; e la voce dei bambini
si univa a quella dei genitori>>.
Verso la fine
del 1857, François era finalmente riuscito a trovare un piccolo
impiego in un mulino. Una notte alcuni malfattori andarono a rubare
in quel mulino e al mattino, il proprietario disse ai gendarmi che,
secondo lui, era stato proprio François a derubarlo. Il povero uomo
venne arrestato e portato via in manette come un malfattore,
lasciando la sua famiglia nel dolore e nella disperazione morale più
grandi. Rimase in carcere solo una settimana perché non vennero
trovate prove contro di lui, ma il dubbio che fosse anche un ladro
rimase.
Questo era il
quadro desolante in cui viveva Bernadette alla vigilia di quell'evento
misterioso che si realizzò a cominciare dall' 11 febbraio 1858. Le
apparizioni non migliorarono la situazione. Anzi, portarono alla
veggente e alla sua famiglia molti altri guai: la diffidenza di
molta gente, l’ostilità delle autorità civili e soprattutto quella
della Chiesa, che per loro, cristiani osservanti e buoni, fu la più
dolorosa.
Eravamo in un
periodo in cui in Francia dominava un ateismo strisciante. I
giornali del tempo scatenarono una feroce campagna contro
Bernadette, definendola visionaria, imbrogliona, mistificatrice. La
gente del popolo accorreva spinta soprattutto da mera curiosità. Le
autorità ecclesiastiche seguirono gli eventi con attenzione ma con
atteggiamento molto distaccato, e scettico, anche per evitare di
offrire il fianco alle critiche dei giornali. Però, i “segni
soprannaturali” che si verificavano in continuazione furono tali che
convinsero la Chiesa di trovarsi di fronte a un evento attendibile
e nel 1862 ci fu il riconoscimento ufficiale.
Ma nonostante
questo riconoscimento, la campagna di stampa contro Bernadette
continuava e la gente assillava la povera ragazza con una curiosità
morbosa.
Per questo le
autorità ecclesiastiche convinsero la veggente ad entrare in
convento. Così, nel 1866, Bernadette si fece religiosa nella
Congregazione delle “Suore della Carità” di Nevers, città della
Loira, a metà strada tra Lione e Parigi.
Visse in quel
luogo per 13 anni, da suora semplice, ma senza trovare quella pace
che forse desiderava tanto. Fu sempre incompresa dalle altre suore,
derisa per la sua ignoranza, sottoposta a continue umiliazioni, e il
suo corpo era martoriato da sofferenze fisiche. Morì il 16 aprile
1879, a 35 anni. Il suo organismo era consumato da una serie
impressionante di patologie, tra cui alcune cancrene che, negli
ultimi anni, le avevano mangiato la carne provocando dolori
lancinanti.
Venne sepolta
in una tomba scavata nella terra, in una cappella nel giardino del
convento. Tutto faceva supporre che quel corpo martoriato e marcio
si sarebbe dissolto rapidamente, invece non accadde. Sfidando ogni
legge fisica, quel piccolo corpo (Bernadette era alta un metro e 42
centimetri), rimase intatto. E quando, in vista del processo di
beatificazione, si fece una riesumazione della salma, tutti i
presenti constatarono il prodigio. Quel corpo non solo era intatto,
ma anche elastico, fresco, duttile.
Sono trascorsi
128 anni dalla morte di Bernadette, e il suo corpo continua ad
essere intatto. Chiunque può vederlo. E’ esposto in una cassa
funeraria di vetro, nella chiesa della Casa Madre della “Suore della
Carità” a Nevers. Bernadette appare vestita con il saio, ha le mani
giunte e intorno ad esse tiene il rosario. Il viso, reclinato sulla
sinistra, ha un’espressione dolce, serena, soave. Chi ha avuto la
fortuna di toccare quel corpo, ha constatato che non è rigido,
mummificato, ma è elastico, duttile, proprio come quello di una
persona che sta dormendo.
<<L’incorruttibilità del corpo>>, mi ha spiegato monsignor Franco
Degrandi, un sacerdote piemontese che da cinquant’anni dedica la sua
vita agli ammalati pellegrini a Lourdes <<è un privilegio
straordinario che Dio concede ad alcune persone sante, così sante da
aver raggiunto in questa vita l’innocenza che aveva Adamo nel
paradiso terrestre. Bernadette, nella sua vita terrena, fu un
emblema di innocenza. Il suo corpo, che aveva avuto il privilegio di
vedere il corpo glorioso della Madre di Dio, fu probabilmente
contagiato dal fulgore soprannaturale che emanava dal corpo della
Madonna, al punto da non essere toccato dalla corruzione che segue
la morte. E in quello stato stupefacente in cui si trova, è per
tutti i credenti, in particolare per gli ammalati, martoriati dalle
sofferenze fisiche, un segno concreto di speranza nella
“risurrezione della carne” promessa da Gesù. Il corpo di Bernadette
è un miracolo permanente. Uno dei tanti miracoli che ogni giorno
avvengono a Lourdes>>.