Dal 13 al 15 settembre, Benedetto XVI sarà pellegrino a Lourdes in occasione del 150° anniversario delle apparizioni della Madonna.

LA VERA STORIA DELLA VEGGENTE,

BERNADETTE SOUBIROUS

di Renzo Allegri

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In tutto il mondo cattolico si sta celebrando il centocinquantesimo anniversario delle apparizioni della Madonna a Lourdes, apparizioni che si verificarono ai piedi dei Pirenei a cominciare  dall’11 febbraio del 1858. Evento straordinario che in questi mesi è stato illustrato e continua ad esserlo dai media, soprattutto da quelli cattolici, e che avrà la sua massima visibilità mediatica a settembre quando, dal 13 al 15, sarà pellegrino in quel santuario anche Benedetto XVI.

Lourdes  ha segnato profondamente la storia della devozione mariana, soprattutto a livello di massa, di popolo. E questo anche per i molti “segni” soprannaturali che in quel luogo hanno continuato a verificarsi, come conversioni e prodigiose guarigioni. Negli archivi del Santuario sono conservate le documentazioni mediche di oltre 8000 guarigioni scientificamente inspiegabili. Ma moltissime altre se ne sono verificate, delle quali gli interessati non hanno creduto opportuno presentare la documentazione medica. La Chiesa, nella sua somma prudenza e somma rigorosità, ha finora riconosciuto come “autentici miracoli” soltanto 67 di quelle guarigioni.

    

Raramente, però, chi racconta Lourdes si sofferma a parlare diffusamente della veggente, Bernadette Soubirous, scelta dalla Vergine per diventare “mezzo” di comunicazione tra il cielo e  la terra. Ed è molto interessante osservare che tipo di “mezzo” abbia scelto la Madonna per trasmettere il suo messaggio. La Vergine posò i suoi occhi e la sua benevolenza su una ragazza umilissima, poverissima, analfabeta, malaticcia, la più umile e povera che poteva forse trovare. Ma che, nella sua umiltà e nella sua povertà custodiva il grande dono della fede vera e dell’amore concreto per Dio e per il prossimo.  Apparentemente, Bernadette  era una nullità, in realtà era una grande santa, l’innocenza personificata,  così vicina a Dio da attrarre la predilezione dalla Vergine Santissima.

     

Ecco la vera storia di Bernadette Soubirous. Nata il 7 gennaio 1844, era figlia di François Soubirous e Louise, due persone buone, generose, estremamente sfortunate.  Oltre ad  essere poveri, erano anche ammalati. Si erano sposati il 9 gennaio 1843. Lui aveva 34 anni, lei 17. Un anno dopo, esattamen­te il 9 gennaio 1844, nasceva la loro primogenita cui venne dato il nome di Bernarde-Marie, ma poi sempre chiamata Bernadette.

   

François e Louise gestivano allora il mulino che era stato del padre di Louise. Una azienda importante e redditizia. Ma loro due non erano tagliati per gli affari. Erano troppo buoni. Non riuscivano a farsi pagare dai cre­ditori morosi. Louise trattava i clienti come familiari e, quando venivano per macinare il grano, offriva loro merendine e vino. In poco tempo sperperarono il loro patrimonio e si trovarono sul lastrico.

     

Nel 1852 dovettero andarsene e cercare alloggio in città. La famiglia intanto era cresciuta. Louise aveva avuto altri cinque figli, tre dei quali erano morti. Bernadette era cagionevo­le di salute. Fin dai primi mesi di vita andava soggetta a raffreddori e bronchiti. Aveva sempre dolori di stomaco. Cresceva a stento. Nel 1855 rischiò di morire, colpita dal colera che in quegli anni stava decimando la Francia. Si salvò per miracolo, ma contrasse una forma d'asma che continuò a tormentarla per il resto della sua vita con crisi che spaventavano tutta la famiglia.

    

Alla fine del 1855, i Soubirous ricevettero una grossa eredità. Pensarono che la loro sfortuna fosse finita. François investì i soldi in un nuovo mulino e in un allevamento di bestiame fuori Lourdes, nel piccolo villaggio di Bartres. Ma in poco tempo si mangiò tutto e ripiombò nella miseria.

   

Tornò a vivere in città, deriso da tutti. Affittò due misere stanze e riprese a fare il bracciante. Ma era un periodo nero. La Francia era stata colpita dalla siccità e im­perversava una terribile carestia. François non trovava lavoro. Anche Louise era disoccupata. I loro figli non avevano da mangiare. Trascorsero giorni terribili. La famiglia era molto unita. Si volevano un gran bene anche nella miseria, ma la tristezza pesava come un macigno. François e Louise cercavano di annegare i dispiace­ri bevendo qualche bicchiere di vino. Si sparse la voce che erano ubriaconi e la diffidenza nei loro confronti crebbe, facendo dimi­nuire le possibilità di trovare lavoro.

    

Data la triste condizione della famiglia, anche Bernadette dovette darsi da fare e fin da quando era ancora una bambina andava a lavorare nelle famiglie, come serva, per portare a casa un piccolo aiuto. Per questo non potè frequentare la scuola e neppure il catechismo. Quel poco di religione che conosceva glielo aveva insegnato la madre. A 13 anni, Bernadette aveva finalmente trovato un posto fisso in un'osteria. Ma era trattata male. Le facevano fare tutti i lavori più u­mili, ed era sottoposta a continue molestie. Dopo mesi trascorsi nella desolazione e nel pianto, tornò in famiglia.

    

François non era riuscito a mettere insieme neppure i soldi per pagare l'affitto e dovette an­cora sloggiare. Nessuno voleva affittargli una stanza. Rischiò di restare su una strada. Ricorse a un parente, proprietario di una ex prigione, talmente malsana da essere stata giudicata inadatta anche per i condannati. E quel parente gli affittò una stanza al pianterre­no della prigione, quella accanto alle latrine, il luogo più sudicio, più maleodorante, più infetto e fetido che si potesse immaginare. Quel luogo era un inferno. La stanza, 3,37 metri per 4,40, con una sola piccola finestra, doveva servire da camera e cucina per cinque persone. Bernadette andava soggetta a continue crisi d'a­sma e si aggrappava alle inferriate dell'u­nica finestra cercan­do aria, ma poteva respirare soltanto immondi miasmi.

    

Tuttavia, anche in quell'inferno i Soubirous trovavano la forza di stare uniti e di pregare. Gli abitanti della zona, in seguito, te­stimoniarono: <<Quando giungeva la sera, noi sentivamo che i Soubirous dicevano il Santo Rosario: pregavano tutti insieme, spesso senza aver mangiato, perché non avevano niente tanto erano poveri; e la voce dei bambini si univa a quella dei genitori>>.

    

Verso la fine del 1857, François era finalmente riuscito a trovare un piccolo impiego in un mulino. Una notte alcuni malfattori andarono a rubare in quel mulino e al mattino, il proprietario dis­se ai gendarmi che, secondo lui, era stato proprio  François a derubarlo. Il povero uomo venne arrestato e portato via in manette come un malfattore, lasciando la sua famiglia nel dolore e nella disperazione morale più grandi. Rimase in carcere solo una settimana perché non venne­ro trovate prove contro di lui, ma il dubbio che fosse anche un la­dro rimase.

     

Questo era il quadro desolante in cui viveva Bernadette alla vigilia di quell'evento misterioso che si realizzò a cominciare  dall' 11 febbraio 1858. Le apparizioni non migliorarono la situazione. Anzi, portarono alla veggente e alla sua famiglia molti altri guai: la diffidenza di molta gente, l’ostilità delle autorità civili e soprattutto quella della Chiesa, che per loro, cristiani osservanti e buoni, fu la più dolorosa.

 

Eravamo in un periodo in cui in Francia dominava un ateismo strisciante. I giornali del tempo scatenarono una feroce campagna contro Bernadette, definendola visionaria, imbrogliona, mistificatrice. La gente del popolo accorreva spinta soprattutto da mera  curiosità. Le autorità ecclesiastiche seguirono gli eventi con attenzione ma con atteggiamento molto  distaccato, e scettico, anche per evitare di offrire il fianco alle critiche dei giornali. Però, i “segni soprannaturali” che si verificavano in continuazione furono tali che convinsero la Chiesa di  trovarsi di fronte a un evento attendibile e nel 1862 ci fu il riconoscimento ufficiale.

 

Ma nonostante questo riconoscimento, la campagna di stampa contro Bernadette continuava e la gente assillava la povera ragazza con una curiosità morbosa.

Per questo le autorità ecclesiastiche convinsero la veggente ad entrare in convento.   Così, nel 1866,  Bernadette si fece religiosa nella Congregazione delle “Suore della Carità” di Nevers, città della Loira, a metà strada tra Lione e Parigi.

 

Visse in quel luogo per 13 anni, da suora semplice,  ma senza trovare quella pace che forse desiderava tanto. Fu sempre incompresa dalle altre suore, derisa per la sua ignoranza, sottoposta a continue umiliazioni, e il suo corpo era martoriato da sofferenze fisiche. Morì il 16 a­prile 1879, a 35 anni.  Il suo organismo era consumato da una serie impressionante di patologie, tra cui alcune cancrene  che, negli ultimi anni, le avevano mangiato la carne provocando dolori lancinanti.

 

Venne sepolta in una tomba scavata nella terra, in una cappella nel giardino del convento. Tutto faceva supporre che quel corpo martoriato e marcio si sarebbe dissolto rapidamente, invece non accadde. Sfidando ogni legge fisica, quel piccolo corpo (Bernadette era alta un metro e 42 centimetri), rimase intatto. E quando, in vista del processo di beatificazione, si fece una riesumazione della salma,  tutti i presenti constatarono il prodigio. Quel corpo non solo era intatto, ma anche elastico, fresco, duttile.

 

Sono trascorsi 128 anni dalla morte di Bernadette, e il suo corpo continua ad essere intatto. Chiunque può vederlo. E’ esposto in una cassa funeraria di vetro, nella chiesa della Casa Madre della “Suore della Carità” a Nevers. Bernadette appare vestita con il saio, ha le mani giunte e intorno ad esse tiene il rosario. Il viso, reclinato sulla sinistra, ha un’espressione dolce, serena, soave. Chi ha avuto la fortuna di toccare quel corpo,  ha constatato che non è rigido, mummificato, ma è elastico, duttile, proprio come quello di una persona che sta dormendo.

 

<<L’incorruttibilità del corpo>>, mi ha spiegato monsignor Franco Degrandi, un sacerdote piemontese che da cinquant’anni dedica la sua vita agli ammalati pellegrini a Lourdes  <<è un privilegio straordinario che Dio concede ad alcune persone sante, così sante da aver raggiunto in questa vita l’innocenza che aveva Adamo nel paradiso terrestre. Bernadette, nella sua vita terrena, fu un emblema di innocenza. Il suo corpo, che aveva avuto il privilegio di vedere il corpo glorioso della Madre di Dio, fu probabilmente contagiato dal fulgore soprannaturale che emanava dal corpo della Madonna, al punto da non essere toccato dalla corruzione che segue la morte. E in quello stato stupefacente in cui  si trova, è per tutti  i credenti, in particolare per gli ammalati, martoriati dalle sofferenze fisiche, un segno concreto  di speranza nella “risurrezione della carne” promessa da Gesù. Il corpo di Bernadette è un miracolo permanente. Uno dei tanti miracoli che ogni giorno avvengono a Lourdes>>.